Il comparto della pasta sta vivendo mesi estremamente delicati e complessi: il prezzo del grano è schizzato a livelli siderali e non è l’unico indicatore a preoccupare le aziende. Crescono le voci e i timori sulle scorte che, secondo alcuni player, potrebbero esaurirsi prima del prossimo raccolto. Nel frattempo, le aziende nei mesi scorsi hanno dovuto ricorrere a un aumento dei listini (altri ritocchi sono in vista), con la conseguenza di qualche inevitabile tensione sul piano dei rapporti con la Gdo. In questo contesto teso e ricco di incognite, Food ha chiesto all’imprenditore Riccardo Felicetti, nella sua veste di Presidente dei pastai italiani, e a Carlo Aquilano, Direttore commerciale De Cecco, di fare il punto della situazione e provare a delineare lo scenario futuro.
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SI NAVIGA A VISTA
“La verità è che navighiamo a vista – precisa Felicetti –: la situazione è decisamente anomala per qualsiasi imprenditore, che tende a governare dati certi. Viviamo nell’incertezza più totale perché le notizie si susseguono e sono talvolta di segno opposto: a dicembre sembrava che, tutto sommato, la disponibilità fosse garantita fino al nuovo raccolto stabilizzando le quotazioni che comunque si attestano su un +70% rispetto a giugno 2021. Invece, di recente alcuni operatori italiani hanno deciso di partecipare a tre aste in Nord Africa, vendendo molto grano italiano – fino a ieri il meno caro sul mercato – poiché le industrie locali lo pagavano meglio. E così il mercato ha reagito, facendo risalire le quotazioni. Le tariffe energetiche, il costo dei trasporti (quadruplicati quelli dei container per Usa o Asia) e del packaging (+25%), il Covid-19 che continua a creare problemi, per esempio nella gestione del personale: tutti questi fattori stanno determinando nelle aziende una profonda, seria e preoccupante incertezza”.
LO SNODO DEL RACCOLTO 2022
Dobbiamo davvero temere che nei prossimi mesi possa venire a mancare il prodotto, come qualche imprenditore del settore ha paventato di recente? “Non sarei così preoccupato nel breve periodo – continua Felicetti –: è chiaro però che negli ultimi quattro anni è stato consumato più grano duro di quanto non se ne sia prodotto. E la campagna disastrosa del 2021 (-50% in Canada), al netto di alcuni risultati positivi a livello locale, sta pesando come un macigno. Non credo peraltro che l’allarme rosso scatterà già nella primavera di quest’anno, ma sono convinto che potrebbe succedere nel 2023 se anche la campagna granaria 2022 fosse negativa. E quindi non sufficiente a coprire i consumi. In generale, penso che il mercato tornerà sotto controllo non prima della campagna nordamericana del 2023”.
Quanto ai rialzi delle tariffe e alla reazione del retail, Felicetti si spoglia dei panni di Presidente dei pastai di Unionfood e, come imprenditore, riconosce che “in Italia e nel mondo il trade, con poche eccezioni, ha mostrato una certa disponibilità a comprendere la situazione. Oggi è necessario da parte di tutti fare buon viso a cattivo gioco”.
UN’EMERGENZA STRAORDINARIA
Quali sono le previsioni di un’altra azienda protagonista indiscussa del settore come De Cecco nel breve-medio periodo?
“La situazione che è venuta a delinearsi dai primi giorni di agosto 2021 – analizza il Direttore commerciale Carlo Aquilano – ha tracciato un orizzonte di straordinarietà nell’entità e nella contemporaneità dei fenomeni. Il decorso climatico avverso che ha contraddistinto il Canada, tra i principali Paesi produttori, ha drasticamente ridotto le rese di frumento duro a livello mondiale. La produzione canadese del 2020 è stata prossima ai 6,5 milioni di tonnellate: le stime sul raccolto 2021 a inizio dicembre sono scese a 2,6 milioni. Situazioni analoghe hanno interessato le produzioni statunitensi (da 1,8 milioni di tonnellate a 0,9). I listini camerali nazionali hanno trasferito questa incertezza internazionale, nonostante la produzione italiana non abbia subito particolari fluttuazioni negative in termini di rese. Il prezzo di riferimento di giugno 2021, per il grano fino con contenuto proteico minimo del 12%, era pari a 300 €/ton; a gennaio 2021 il prezzo ha superato soglia 550 €/ton (+80% in circa sei mesi).
Queste tendenze ben rappresentano quello che si verifica anche sui mercati dei future: le quotazioni del frumento duro sulla borsa di Chicago dal 1° dicembre all’11 gennaio 2021 sono cresciute del 4,32% e il Future Durum Wheat Index sui contratti a tre mesi ha conseguito un aumento di 8,55 punti sui cinque giorni precedenti (+0,55%). A ciò si aggiungono i rincari di energia (intorno al +130%), carburanti, logistica in generale e noli marittimi (fino al +300%), packaging (il costo dei pallet è raddoppiato), carta e plastica (stimabili rispettivamente nel +60% e +20%)”.
UN APPROCCIO CHIARO
Che impatto hanno avuto i ritocchi dei listini sulla Gdo? “Dal momento in cui si sono manifestati gli aumenti – afferma Aquilano – la grande distribuzione ha avviato un’intensa attività di negoziazione che, procrastinando nel tempo le applicazioni dei listini, ha creato importanti contraccolpi sui conti economici dell’industria. L’approccio di De Cecco è sempre stato molto chiaro: entrare nel merito delle richieste con trasparenza e volontà di seguire l’andamento dei mercati delle materie prime e dei fattori di produzione, anche con cabine di monitoraggio congiunte. Questo aspetto è di particolare rilievo per un’azienda premium che realizza pasta superiore: un impegno serio che garantisce la continua ricerca della qualità senza compromessi. In termini di trend, permangono numerosi segnali negativi sull’andamento della semina del grano duro, degli oneri energetici a carico degli agricoltori nonché dei fertilizzanti, il cui costo è triplicato nel corso degli ultimi mesi. Tutto ciò lascia presagire che la spirale inflazionistica sia lontana dall’esaurirsi in un momento in cui i principali ‘futuri raccolti’ sono ancora lontani dal poter essere valutati per qualità e volumi”.
LA NECESSITÀ DI MATERIE PRIME DI ALTA QUALITÀ
“Nella seconda metà del 2021 – prosegue Aquilano – l’industria ha assorbito sui propri conti economici la totalità dell’inflazione generata da materia prima, fattori di produzione e oneri logistici: questi mercati di approvvigionamento sono puntuali e richiedono adeguamenti immediati delle condizioni di vendita. D’altronde, per realizzare prodotti come la Pasta De Cecco, con prestazioni superiori ‘real premium’, occorrono materie prime superiori e un Metodo di produzione che perseguiamo senza alcun compromesso. Tutto ciò in uno scenario di grande attenzione ai mercati, alla selezione continua dei fornitori, all’esplorazione degli strumenti di tutela degli acquisti, alla credibilità come primo produttore di pasta premium al mondo”.