Quello che più colpisce, quando si leggono ricerche e studi internazionali sullo sviluppo e l’espansione delle grandi catene distributive, è il costante, perpetuo, ritardo dell’Italia a occupare qualche spazio, anche minimo, sullo scacchiere mondiale. Più volte ci si è interrogati sulle cause di questa genetica lentezza, riconducibili per lo più alle dimensioni ridotte dei retailer nostrani: ma non capita così spesso di poter ragionare su quanto il nostro immobilismo ci penalizzi dal punto di vista economico, traducendo in milioni, anzi miliardi, di euro, il peso del nostro ritardo. A farlo ci ha pensato il Cermes Bocconi, che in un recente studio condotto per Federdistribuzione ha quantificato i mancati introiti che il nostro gap di sviluppo comporta. Sintetizzata nel rapporto Coop 2010 su consumi e distribuzione, la ricerca ha ipotizzato di riprodurre in Italia una canalizzazione delle vendite grocery 2008 come quella media di Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, simulando che la quota di mercato della gdo potesse in futuro avvicinarsi a quella degli altri Paesi europei. Lo spostamento dei consumi verso canali più moderni, con i conseguenti benefici in termini di prezzo, porterebbe a un risparmio stimato per il consumatore italiano di 5,8 miliardi di euro. Non solo. Il rapporto Coop delinea altre tre possibili direttrici di sviluppo. Ipotizzando, infatti, che le private label italiane arrivino a una quota di mercato simile a quelle europee e che il differenziale di prezzo rispetto ai prodotti di marca sia lo stesso, si aggiungerebbe un ulteriore risparmio per i consumatori di 700 milioni di euro. Per non parlare dei due miliardi di euro (e un’incidenza sui consumi grocery di circa l’1,7%) che verrebbero liberati se la nostra gdo potesse recuperare efficienza nella sua struttura dei costi, che oggi le regala un triste primato: a fronte di una marginalità lorda più alta della media europea, ha rendimenti operativi decisamente più bassi. Gli ostacoli sulla via dell’efficienza li conosciamo bene: con una taglia media molto più piccola dei competitor europei, i distributori italiani devono far fronte a un maggior costo del lavoro, una minore efficienza dei sistemi logistici, vincoli amministrativi che smorzano sul nascere ogni velleità di crescita dimensionale. Aggiungendo, infine, a queste misure un piano per ottenere una maggiore diffusione delle grandi superfici specializzate nel non food, si arriverebbe a un ulteriore risparmio per la collettività di 2.552 milioni di euro. Tutto questo per ottenere un risultato finale davvero significativo: 11 miliardi di euro recuperati, solo mettendo mano alle inefficienze del sistema distributivo. È evidente, infatti, che il beneficio per il nostro sistema paese di poter contare su catene e insegne in grado di imporsi sui mercati esteri va a braccetto con la necessità di ‘rimettere soldi in tasca alle famiglie’ in un momento come questo, particolarmente critico per i consumi, alimentari e non. Secondo le stime del rapporto Coop, lavorando sul recupero di efficienza anche attraverso la messa a punto di “un esteso programma di liberalizzazioni che permetta all’Italia di assumere una fisionomia europea” si arriverebbe a generare “una maggiore capacità di spesa in termini di nucleo famigliare di circa 3mila euro all’anno, 250 euro al mese”. Pura ‘manna’ per la gdo, che nel primo semestre 2010 (sempre secondo le rilevazioni Coop) ha segnato un calo di vendite dello 0,3% e per la prima volta ha registrato un calo anche nei prodotti alimentari di base come la pasta di semola (-2,8%), le conserve a base pomodoro (-2,3%), l’olio d’oliva (-1,7%) e gli oli di semi (-5%). In questo scenario pesa come un macigno l’assenza di una regia politica ferma e decisa, che ponga le premesse perché lo sviluppo degli operatori economici che hanno i requisiti per farlo non muoia sul nascere. Un regìa invocata con insistenza anche per scongiurare un nuovo pericolo ancora dietro l’angolo, ma che potrebbe ulteriormente minare la capacità d’acquisto dei consumatori: la speculazione sulle materie prime… Maria Cristina Alfieri
La via per competere
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