Potrebbe diventare uno dei temi più caldi di questo 2011. A lanciare l’allarme è un recente rapporto della Fao e dell’Ocse, secondo il quale i prezzi delle materie prime tenderanno a crescere significativamente nel prossimo decennio: la proiezione è compresa tra un +15% e un +40% nel periodo 2010-2019 sul decennio 1997-2006. Rincara la dose il centro studi Confindustria, che nel suo tradizionale rapporto di fine anno preannuncia che “tensioni si verificheranno per i listini dei beni ad alto contenuto di materie prime energetiche e alimentari, le cui quotazioni sono rincarate nettamente. In generale, i costi delle commodity sono record e comprimono i margini aziendali”. E l’Intelligence business unit dell’Economist aggiunge che “il ‘rally’ del prezzo delle materie prime ha fatto ripartire le teorie del super-ciclo, secondo cui lo ‘sboom’ dei prezzi verificatosi nel corso della recessione era solo una correzione temporanea lungo un trend crescente. I sostenitori di questa tesi evidenziano che l’offerta, sia nel campo delle materie prime agricole che di quelle industriali, non è in grado di mantenere il passo della domanda, la cui crescita globale è sostenuta dall’aumento dei consumi delle economie emergenti, con in testa la Cina: secondo la teoria del super-ciclo, quindi, è inevitabile che nell’arco dei prossimi anni il prezzo delle materie prime continui a salire”. A rendere ancora più preoccupante il quadro è anche l’impressione di un quasi totale disinteresse dei governi rispetto a questo tema. Con amara ironia nel suo illuminante pamphlet ‘Scommettere sulla fame’, la Fondazione culturale responsabilità etica nota che nel corso dell’ennesimo vertice G20 dello scorso novembre a Seul, si è prodotta una dichiarazione conclusiva in cui la parola ‘agricoltura’ compare per la prima e unica volta al punto 51: alcune proposte legate all’agricoltura ci sono, ma non nella dichiarazione finale. Sono in un allegato. Una pagina di proposte in cui si parla di aumentare la produttività, la ricerca e la tecnologia in campo agricolo. La parola ‘speculazione’ non è mai citata, l’unica presa di posizione riguarda l’invito alle istituzioni competenti di considerare come mitigare e gestire meglio i rischi associati con la volatilità dei prezzi del cibo e delle altre merci agricole. Insomma, se tutto andrà come previsto presto potremmo trovarci di fronte a una sorta di rivoluzione copernicana che cambierà la nostra percezione del cibo: il suo prezzo più alto lo smarcherà dalla funzione di commodity, per restituirgli quel valore di cui ci siamo dimenticati trattandolo alla stregua di qualsiasi altra merce. Ecco allora l’esigenza, trasversale al mondo agricolo, alla grande industria di marca e alla distribuzione, di rieducare il consumatore al valore del cibo, al concetto di ‘poco, ma buono’, di ‘meno, ma meglio’. Maria Cristina Alfieri
Parola d’ordine: ridare valore al cibo
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