Come viene percepito da imprese e consumatori il valore della sostenibilità in Italia? Lo ha voluto indagare una ricerca qualiquantitativa sviluppata da Laboratorio Pmi–Filiera Sostenibile, promosso da Fondazione Sodalitas e composto da quattro pmi che hanno ripensato il modello di business attorno alla sostenibilità: Filca Cooperative, Gam Edit, Mazzali e Palm, con la partecipazione di Bureau Veritas. L’indagine è stata condotta dall’istituto GfK Eurisko, che ha intervistato un campione di 500 consumatori e di 183 imprese rappresentativi rispettivamente della popolazione e del mercato italiano. Nella fase qualitativa sono stati inoltre intervistati individualmente otto responsabili acquisti di altrettanti grandi imprese aderenti a Fondazione Sodalitas. “Obiettivo della ricerca – ha affermato Ugo Castellano, consigliere delegato di Fondazione Sodalitas – è comprendere come la sostenibilità sia integrata dalle aziende nella gestione della filiera e come impatti sulle decisioni d’acquisto dei consumatori”.
Secondo l’indagine, la sostenibilità è ormai un valore di riferimento per il 58% delle imprese intervistate, che attribuiscono la stessa rilevanza alle sue tre dimensioni – gli aspetti sociali, quelli ambientali e la relazione con il mercato – tutte percepite come ugualmente importanti (rispettivamente 83%, 78% e 74%). Solo in un quarto delle aziende del campione esiste attualmente un responsabile della sostenibilità/Csr, che nella grande maggioranza dei casi (71%) riporta direttamente al top management (amministratore delegato, direttore generale o consiglio d’amministrazione).
Risultano coinvolte nelle politiche di sostenibilità – oltre agli acquisti – le risorse umane, la produzione e la comunicazione/relazioni esterne. Oltre un terzo delle imprese considera molto importante la sostenibilità di filiera. Tuttavia, solo una minoranza (29%) delle imprese facenti parte del campione dichiara di avere molta familiarità con questo concetto, mentre una percentuale consistente (45%) dichiara di averne “abbastanza”, a conferma della progressiva integrazione di questa dimensione nella cultura aziendale. La conoscenza risulta più diffusa nelle piccole imprese e nelle aziende che operano anche sui mercati esteri.
Tre criteri risultano di primaria importanza nella scelta dei fornitori: la qualità del prodotto/servizio acquistato (96%), i tempi di consegna e le condizioni commerciali (entrambi all’89%) e, alle spalle di questi – allineato al servizio post-vendita – si colloca “il rispetto dei criteri etici, sociali e ambientali” (63%). La maggioranza delle aziende (57%) valuta i fornitori anche in base a criteri di sostenibilità; ma questa valutazione, quando effettuata, riguarda quasi sempre i soli fornitori diretti. Per la maggioranza delle aziende (53%) la sostenibilità è criterio di scelta applicato tuttavia nella selezione dei soli fornitori “critici”, ovvero per le forniture direttamente legate ai prodotti/servizi che l’azienda offre.
Solo il 15% del campione applica criteri di sostenibilità alla scelta di tutti i fornitori. Nella maggioranza dei casi vengono tenuti in considerazione sia criteri sociali che criteri ambientali, con una leggera prevalenza accordata al rispetto di standard sociali: in particolare quelli riguardanti i diritti dei lavoratori. La maggioranza (54%) delle aziende ha già avuto occasione di riconoscere almeno una volta un premium price a fornitori che davano maggiori garanzie in termini di sostenibilità, e una percentuale solo leggermente inferiore (49%) si dichiara orientata a farlo di nuovo in futuro. Una netta maggioranza (73%) si riconosce nell’opinione che non necessariamente una fornitura sostenibile debba costare più delle altre.
E sul fronte dei consumatori? La maggioranza di loro (63%) ha già sentito parlare di sostenibilità, anche se solo il 19% di essi (prevalentemente giovani e con un livello di istruzione alto) ritiene di conoscerne adeguatamente il significato, con una prevalenza degli aspetti ambientali (83%) su quelli sociali (64%). La responsabilità di uno “sviluppo sostenibile” viene attribuita in primo luogo al Governo (86%) e alle amministrazioni locali (82%), ma anche le imprese e i cittadini sono viste da una percentuale molto elevata del campione (superiore al 70%) come investiti dalla responsabilità di garantire la sostenibilità dello sviluppo. Il giudizio sull’attuale impegno delle imprese a favore della sostenibilità è differenziato: un terzo del campione (35%) esprime un giudizio positivo, un terzo un giudizio critico e un terzo si colloca in posizione intermedia. Solo un terzo dei consumatori (32%) ha sentito parlare di “sostenibilità della filiera”: una percentuale che cresce nei soggetti di età più matura e – soprattutto – tra chi ha un titolo di studio superiore. Oggi comunque già un quarto dei consumatori italiani sceglie quali prodotti acquistare anche in base alla sostenibilità di filiera.
Tre quarti dei consumatori accetterebbero inoltre di pagare di più per un prodotto garantito in termini di sostenibilità. L’attenzione alla filiera è giudicata in prospettiva importante per tutte le categorie di prodotto, ma in particolare per i prodotti alimentari (71%) e per i detersivi (65%). E, almeno in teoria, la maggioranza dei consumatori (76%) sarebbe disposta a pagare di più per un prodotto garantito in termini di sostenibilità. Dalla ricerca emerge che attualmente ci troviamo in una fase di passaggio da una sostenibilità che si esprime in un impegno dichiarato, ma in azioni ancora sporadiche a una sostenibilità che sia davvero parte integrante della qualità di prodotti e servizi per le aziende e criterio primario di scelta per i consumatori. In questa fase un ruolo decisivo spetta alla comunicazione, in grado di consolidare una cultura della sostenibilità – in particolare degli aspetti più complessi tra cui la sostenibilità della filiera – e di fornire indicazioni chiare sui comportamenti da mettere in atto.
I consumatori chiedono un’informazione più completa e affidabile sulla sostenibilità dei prodotti/servizi con riferimento sia agli aspetti ambientali che a quelli sociali: solo il 19% di loro infatti considera soddisfacente l’informazione già oggi disponibile.
L’aspettativa è rivolta alle imprese, che – come emerso nel corso della ricerca – tendono oggi a comunicare la propria performance di sostenibilità soprattutto agli stakeholder interni all’azienda (69% del campione) piuttosto che a quelli esterni. Le fonti di informazione considerate più affidabili sono le associazioni dei consumatori (56%) e un ente super partes (40%) peraltro non specificato; bassa invece l’affidabilità riconosciuta ai media (27%) e a internet in particolare (17%). Alimentari, detersivi, cosmetici ed elettrodomestici sono le quattro categorie di prodotto sulle quali si ritiene particolarmente importante poter disporre di questo tipo di informazione che, secondo la maggioranza del campione (62%), sarà sempre più al centro delle attenzioni dei consumatori nel prossimo futuro.
Filiera sostenibile, un valore primario nel food
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