Uno-due di Lactalis nel big match di Collecchio. Il gruppo francese, che aveva già il controllo di una partecipazione del 13,7% nel capitale di Parmalat, ha raggiunto un accordo per acquisire la quota del 15,3% fino a ieri in mano a Skagen, MacKenzie e Zenit, i tre fondi esteri che a fine febbraio avevano già predisposto una propria lista di candidati per il cda – capitanati da Rainer Masera – per allontanare Enrico Bondi, attuale ad del gruppo. Il sigillo per l’accordo – costato a Lactalis oltre 744 milioni di euro – è arrivato questa mattina dopo un prolungato duello con Intesa SanPaolo, messasi alla guida di una possibile cordata italiana (per la quale si sono fatti anche i nomi di Ferrero e Granarolo). Il gruppo della famiglia Besnier, però – per nulla intimorito dalla minaccia del decreto anti imprese straniere ventilato da Giulio Tremonti – ha alzato la posta con una maxiofferta a 2,8 euro per azione (il 13% in più della chiusura di ieri) per un totale di 750 milioni: una proposta che ha spiazzato Intesa San Paolo, rimasta in attesa del semaforo verde di Ferrero all’operazione ‘patriottica’. Secondo quanto specificato da una nota di Lactalis – che in Italia controlla già Galbani, Invernizzi e Cademartori – l’accordo verrà eseguito “in data odierna nei più brevi tempi tecnici necessari”. L’esecuzione potrà avvenire «mediante acquisti effettuati direttamente dal gruppo Lactalis”, e, in alternativa, “nell’ambito di contratti di equity swap”. Una volta appianati i dettagli tecnici del passaggio azionario, il gruppo transalpino potrà presentarsi all’assemblea del 14 aprile con una partecipazione del 29%, appena sotto la soglia dell’Opa: un pacchetto che appare praticamente decisivo per acquisire il controllo del cda di Parmalat.
Lactalis, il 29% di Parmalat è suo
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