Nuovi valori nutrizionali sono emersi dalle analisi dei salumi italiani effettuate da Inran-Istituto nazionale di ricerca per gli alimenti e la nutrizione e Ssica-Stazione sperimentale per l’industria delle conserve alimentari. L’indagine, promossa da Isit-Istituto salumi italiani tutelati e Ivsi-Istituto valorizzazione salumi italiani, ha voluto fare il punto sul lavoro che negli anni ha caratterizzato l’attività del comparto salumiero, che da realtà artigianale si è progressivamente evoluto in realtà industriale.
Sono stati oggetto d’indagine tutti i salumi, tra cui alcuni tutelati dop e igp, quali bresaola della Valtellina igp, cotechino Modena igp, mortadella Bologna igp, prosciutto di Modena dop, prosciutto San Daniele dop, speck dell’Alto Adige igp, salamini italiani alla cacciatora dop, zampone Modena igp. Per ciascun prodotto è stata determinata la composizione in macronutrienti, micronutrienti e altre sostanze presenti, ottenendo risultati anche su elementi non analizzati in passato, quali amminoacidi, fosforo, calcio, magnesio, rame, manganese, selenio e vitamine del gruppo B ed E.
“I miglioramenti nutrizionali emersi dall’indagine – spiega Mario Colombo, presidente di Inran – si registrano nel contenuto lipidico, vitaminico, dei sali minerali e nella riduzione del cloruro di sodio, che implica una rivalutazione dei salumi nella dieta mediterranea moderna. Lo studio fornisce uno strumento aggiuntivo per promuovere la corretta alimentazione”.
Si profila così una categoria di salumi adatta a tutta la popolazione e a diversi momenti di consumo, in grado di soddisfare la ricerca del gusto e, allo stesso tempo, in linea con le raccomandazioni dietetiche della comunità scientifica.
Benché i salumi utilizzino il sale per la sua funzione conservante, si è arrivati oggi a una riduzione notevole del suo impiego, grazie all’evoluzione dei sistemi di produzione, al controllo dei periodi di asciugatura e stagionatura e alla maggiore attenzione nella quantità e qualità delle spezie utilizzate. Dallo studio emerge, per esempio, che i salumi non sono la fonte più importante di sale nell’alimentazione, rappresentata da altri prodotti alimentari consumati quotidianamente e in maggior misura. Il contenuto di sale nei salumi italiani risulta notevolmente ridotto, in una percentuale che va dal 4% circa fino a oltre il 45% a seconda del prodotto. Anche i nitrati (utilizzati sempre a scopo conservativo) hanno subìto una considerevole riduzione nei salumi, mentre i nitriti risultano oggi praticamente assenti.
Meno acidi grassi saturi
I salumi di oggi presentano un’ulteriore notevole riduzione del contenuto lipidico e, grazie alle moderne tecniche di allevamento, ne risulta ottimizzata anche la qualità compositiva, in particolare per i prodotti insaccati cotti, dove contenuto in acidi grassi saturi si è ridotto notevolmente, fino a quasi il 40%, e allo stesso tempo si è ottenuto un equilibrio tra contenuto in grassi saturi e insaturi. In particolare, grassi preziosi come quelli insaturi sono passati dal 30% a oltre il 60% dei grassi totali.
Parallelamente alla riduzione dei grassi saturi, si sono registrate diminuzioni apprezzabili del contenuto in colesterolo, soprattutto in alcuni prodotti quali prosciutto cotto, pancetta, cotechino e una crescita delle proteine apportate, che forniscono meno calorie rispetto ai grassi.
Più vitamine e sali minerali
I dati divulgati dopo le analisi del 1993 evidenziavano già un elevato contenuto in vitamine del gruppo B, in particolare B1, B2 e B3, importanti ad esempio per i tessuti nervosi, per lo stato di nutrizione della pelle e delle mucose e per la respirazione cellulare.
Dalle analisi attuali emerge una presenza significativa di vitamina B6 e di vitamina B12, che svolge un ruolo rilevante a livello del sistema nervoso e della produzione delle cellule del sangue. La carenza di vitamina B12 può causare un’insufficienza di acido folico, molto prezioso durante la gravidanza per evitare rischi al feto a livello neurale. Per i sali minerali, indispensabili per il buon funzionamento dell’organismo, è soprattutto il livello di potassio a risultare oggi particolarmente elevato rispetto alle quantità emerse dalle analisi del 1993: diversi salumi, con una sola porzione da 50 g possono arrivare a coprirne mediamente più del 15% del fabbisogno giornaliero di un adulto.
I nuovi profili nutrizionali dei salumi sono stati possibili grazie a uno screening senza precedenti per livello di approfondimento.
Punti di forza dell’indagine riguardano il corretto campionamento dei prodotti, effettuato attraverso la selezione di aziende presenti sul mercato italiano e il sistema di analisi, che ha richiesto la conduzione di sperimentazioni preliminari per la sua precisa taratura.
“L’indagine ha permesso di dimostrare che tradizione, tipicità, gusto e Salute possono convivere in un’unica categoria di alimenti – commenta Francesco Negroni, neopresidente Isit – L’analisi dei valori nutrizionali proposta da un’indagine così approfondita risponde al quadro normativo europeo che mira alla trasparenza. Tendenza che rappresenta un’opportunità sia per il produttore sia per il consumatore”.
Salumi italiani, meno sali meno grassi
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