Taccheggio, frodi da parte di fornitori e dipendenti, criminalità organizzata, errori amministrativi: tutte le possibili cause di differenze inventariali hanno rappresentato nel 2011 un costo globale per il retail di 88,878 miliardi di euro: ossia l’1,45% delle vendite complessive.
È quanto stima l’edizione 2011 del Barometro mondiale dei furti nel retail, indagine indipendente sul numero e sulla tipologia di furti commessi all’interno dei punti vendita della grande distribuzione, svolta tra luglio 2010 e giugno 2011 in ben 43 Paesi (per la prima volta anche in Corea del Sud) dal Centre for Retail Research e patrocinata da Checkpoint Systems. Lo studio viene redatto sulla base di informazioni confidenziali fornite da 1.187 grandi retailer (in rappresentanza di oltre 250mila punti vendita retail) con un totale di vendite combinate che ammonta a 736.285 milioni di euro.
Secondo l’indagine, la percentuale globale di differenze inventariali ha subito un aumento medio del 6,6%, il più alto incremento mai registrato a partire dal 2007.
Un aumento che, per di più, ha toccato tutti i Paesi indagati: in Italia, peraltro, le perdite subite dai responsabili dei punti vendita hanno raggiunto un valore di circa 3,5 miliardi di euro, l’1,37% del fatturato. Rispetto al 2010, l’Italia ha aumentato le differenze inventariali del 7%, superando quindi la media globale del 6,6 per cento.
Nei 43 Paesi censiti, i furti da parte dei clienti sono cresciuti in media del 13,4%: il 43,2% delle perdite a livello globale è attribuibile quindi ai furti “esterni”, con un costo per i retailer di 38,434 miliardi di euro. Ai dipendenti scorretti o disonesti – autori dei furti “interni” – andrebbero addebitate perdite per 31,080 miliardi di euro, ossia il 35% delle differenze inventariali a livello globale.
In Europa, la maggior parte dei retailer considera i clienti disonesti la principale fonte delle perdite: a causa loro vanno in fumo 17,299 miliardi di euro, ossia il 47,7% delle differenze inventariali totali. Peraltro, l’ammontare medio rubato e ammesso dai dipendenti in Europa è risultato oltre 14 volte superiore al valore medio dei beni sottratti dai taccheggiatori.
In Italia sono aumentati ulteriormente i furti dei clienti: hanno raggiunto infatti quota 52,7% i taccheggi attuati da bande organizzate o ladri non professionisti (erano 52% nel 2010), un valore ben superiore rispetto alle medie europee e mondiali. Anche i furti dei dipendenti sono aumentati, passando dal 25% del 2010 al 25,9% di quest’anno.
“La criminalità nel retail – afferma Joshua Bamfield, direttore del Center for Retail Research e autore dello studio – costa in media alle famiglie dei 43 Paesi presi in esame una maggiorazione di 149 euro sul conto della spesa, cifra in aumento rispetto ai 139 euro dello scorso anno. In Europa, la cifra è di 150 euro, mentre in Italia la ‘tassa invisibile’ delle famiglie è costretta a pagare sale addirittura a 175,31 euro, circa 12 euro in più rispetto al 2010”.
I Paesi con la percentuale più alta di differenze inventariali sono stati India (2,38% delle vendite retail), Russia (1,74%) e Marocco (1,72%). I Paesi virtuosi sono Taiwan (0,91%), Hong Kong (0,95%) e in Giappone, Austria e Svizzera (1,04%). La percentuale europea è stata pari all’1,39 per cento.
Tra le categorie merceologiche più colpite spicca il settore moda e accessori (1,87%), seguito dal comparto health & beauty (1,79%). Tra i prodotti con i maggiori incrementi nel 2011: figurano cosmetici come mascara, eyeliner e ombretto (+30% a livello globale) e abbigliamento da esterno (+15,3%).
La classifica dei prodotti più rubati – in Italia così come nel resto del mondo – vede al primo posto gli accessori di lusso, seguiti da prodotti di hi-tech e dai profumi
La top eight delle categorie più rubate
1 | Accessori firmati |
2 | Prodotti hi-tech (smartphone, consolle, giochi) |
3 | Profumi e articoli per la cosmesi |
4 | Abbigliamento |
5 | Gioielli |
6 | Food fresco (formaggi, carne) |
7 | Prodotti per l’ufficio (cartucce per stampanti/toner ) |
8 | Articoli fai da te (trapani/attrezzature elettriche, cavi) |
Fonte: Centre for Retail Research