È lieve, ma per la prima volta il numero di punti vendita della gdo registra una contrazione scendendo da 29.482 nel 2010 a 29.011 nel 2011. Questo il dato di sintesi più significativo che è emerso nel corso di Big&Small, il convegno tenutosi lo scorso 27-28 ottobre a Roma dove si sono confrontati i principali attori della distribuzione e del commercio italiano. A bloccarsi in particolare è la crescita degli iper (vale a dire quelli con una superficie superiore ai 4.500 mq) che passano da una percentuale del 19% del 2001 al 19,5% attuale; mentre crescono gli store di medie dimensioni (quelli tra i 1.500 e i 4.500 mq) che nello stesso decennio passano dal 20,5% al 27,3 per cento. “Nell’ultimo biennio – spiega Giuseppe Girelli, sales manager della Nielsen – si evidenzia la crescita esponenziale dei superstores, dei discount e dei drusg specialiy. Vale a dire quei punti vendita in grado di intercettare in modo più agile i desiderata dei consumatori”. Da un punto vendita della grande distribuzione i clienti amano trovare quello che cercano rapidamente con un ottimo rapporto qualità/prezzo. Passano in secondo piano esigenze un tempo fondamentali come il parcheggio, mentre si dà per scontata la presenza di attività promozionali come il classico 2X3. Sale il desiderio invece di una maggiore disponibilità del personale e di una maggiore specializzazione. Amatissime le private labels, che garantiscono qualità e profondità dell’offerta. Lo scaffale vuoto rimane uno spauracchio che inibisce anche il consumatore più affezionato. “E questo spiega il successo di alcuni format per ora utilizzati soprattutto all’estero – sottolinea Daniele Tirelli, presidente di Popai Italia – con i cosiddetti mini killer, specialisti del food & drugs, del biologico e dell’etnico. Dimensioni minori ma maggiore attenzione per una clientela che ama sentirsi coccolata”.
Gdo: in medio stat virtus
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