Gennaio, tempo di bilanci. Com’è tradizione, i retailer britannici hanno comunicato nei giorni scorsi le performance realizzate durante il periodo natalizio. E, a ben vedere, qualche sorpresa c’è stata.
A partire dal big one, Tesco, che ha rivelato un Natale deludente con vendite in flessione del 2,3% (al netto di aperture e chiusure, esclusi carburante e iva). E le reazioni non sono mancate. Il gruppo di servizi finanziari Shore Capital ha declassato l’insegna, proprio sulla base delle dichiarazioni rilasciate, mentre Jefferies International ha deciso di non “aggiungere al danno la beffa”. Il quotidiano inglese The Telegraph, lo scorso 12 gennaio, si è chiesto addirittura se questa non sia l’inizio della fine dello storico predominio del retailer: “I dati di Tesco – si legge in un articolo di Harry Wallop – non sono buoni. Una flessione di 2,3%, escluso carburante e iva, nelle sei settimane terminanti al 7 gennaio è chiaramente un dato molto peggiore di Morrisons, che ha registrato una crescita di 0,7%, e di Sainsbury’s, che ha segnato circa un +1% sulla stessa base”.
Dal canto suo, Sainsbury’s, il terzo più grande retailer britannico, ha dichiarato che quello appena trascorso è stato il suo migliore Natale di sempre, con vendite a +1,2% (al netto di aperture e chiusure, esclusa iva) che hanno superato le previsioni degli analisti che lo davano a +0,9 per cento. Le transazioni nella settimana di Natale sono state 26 milioni, 1,5 milioni in più rispetto allo scorso anno. Bene anche i suoi marchi privati basics e soprattutto Taste the Difference, che è cresciuto di oltre il 10% nel trimestre. Merito, secondo l’insegna, della filosofia “live well for less”, che combina qualità e value for money ed è stata compresa e apprezzata dai consumatori. Recentemente Sainsbury’s ha inaugurato il suo millesimo store a Irvine, Scozia, e ha aperto 21 nuovi convenience store.
Per completare la rosa dei “big four”, cioè Tesco, Asda, Sainsbury’s e Morrisons, il secondo retailer ha vissuto un dicembre eccezionale, con un +10,7% (dati Nielsen) che è stato favorito dalla conversione di punti vendita (nel 2010 Asda ha acquisito Netto, con i suoi 193 store) e da una crescita di penetrazione in tutti gli store; in questo modo le sue performance di vendita si sono mantenute al di sopra di quelle di Waitrose (+8,8%), Sainsbury’s (+6,7%) e Morrisons (+5,9%).
Quest’ultimo, nelle sei settimane terminanti al 1 gennaio, ha realizzato solo un +0,7% (al netto di aperture e chiusure, esclusi carburante e iva) rispetto alle previsioni di 2-3% di Shore Capital.
Il vincitore assoluto è, secondo Nielsen, il discount Aldi, con crescite stellari di oltre il 40% a dicembre. Ma non si può lamentare nemmeno Waitrose, che nella settimana precedente al Natale ha realizzato il suo record di vendite settimanali di sempre e ha visto lo shopping online balzare al 49 per cento. I consumatori di Waitrose hanno optato in particolar modo per il tacchino, le cui ordinazioni sono cresciute del 66%, il pudding (+53%) e l’aragosta pronta, addirittura salita a +278 per cento.
“In generale – ha commentato Mike Watkins, senior manager di Nielsen – questo è stato un Natale “infedele”, in cui i retailer hanno ricevuto più visite da parte degli shopper e un maggior numero di nuovi shopper rispetto all’anno scorso, poiché i consumatori hanno acquistato in più punti vendita per cercare maggiore scelta, offerte e promozioni. Dopo un inizio dicembre rallentato, i sette giorni prima di Natale sono stati comunque molto positivi per i retailer e superiori a quelli del 2010”.
A questo proposito, smorza un po’ l’entusiasmo il British retail consortium, che fa notare come le vendite del 2010 furono molto scarse a causa delle cattive condizioni metereologiche; dal paragone, le performance di quest’anno ne escono vincitrici, ma falsate. In breve, secondo il Brc, il buon dicembre ha risollevato gli animi ma non un’annata senza dubbio brutta. Silvia Fornari
UK, le catene fanno i conti di Natale
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