La normativa sugli aromi è stata oggetto di una nuova codificazione con il Reg. CE 1334/08. All’interno di tale normativa, che ha introdotto un regolamento comunitario al posto delle precedenti direttive, con conseguente obiettivo di maggiore omogeneità di applicazione all’interno degli Stati membri, un tema particolarmente caro agli operatori è costituito dal concetto di aroma naturale.
Si occupa del tema l’art. 16 che prevede che “2. Il termine «naturale» può essere utilizzato per descrivere un aroma solo se il componente aromatizzante contiene esclusivamente preparazioni aromatiche e/o sostanze aromatizzanti naturali. 3. Il termine «sostanza aromatizzante naturale» può essere utilizzato solo per gli aromi il cui componente aromatizzante contiene esclusivamente sostanze aromatizzanti naturali”.
Fino a questo punto nulla di nuovo. Interessante invece il comma 4 che prevede che “4. Il termine «naturale» può essere utilizzato in associazione ad un riferimento ad un alimento, ad una categoria di alimenti o ad una fonte d’aroma vegetale o animale solo se la totalità o almeno il 95 % (p/p) del componente aromatizzante è stato ottenuto dal materiale di base a cui è fatto riferimento. La descrizione è così formulata: «aroma naturale di “alimento o categoria di alimenti o materiale di base alimentare”».
In sostanza il legislatore introduce per la prima volta un limite quantitativo per definire un aroma naturale laddove ne sia specificata la relativa origine.
Se dal punto di vista normativo la previsione di un limite dovrebbe garantire una più semplice applicazione pratica, una recente controversia tra operatori ha messo in luce la problematicità di tale disposizione in relazione all’esistenza del considerando 26 del regolamento che stabilisce che: “…Poiché l’utilizzo degli aromi non dovrebbe indurre in errore il consumatore, il restante 5 % massimo può essere usato soltanto a fini di standardizzazione o per conferire, ad esempio, una nota più fresca, pungente, matura o acerba all’aroma”.
Il concetto di standardizzazione e di arrotondamento previsto dal suddetto considerando è potenzialmente foriero di problematiche ermeneutiche di non sempre immediata soluzione.
Ciò soprattutto alla luce della mancanza di metodi analitici accreditati, che rende quanto mai difficoltosa la soluzione di eventuali controversie che indubbiamente aprono il campo ad una soggettività molto rischiosa.
Sul punto interessante quanto riportato nelle Linee Guida EFFA del 2010 in cui si precisa che “It is recognized that different flavouring materials have different sensorial thresholds and that flavour-perception cannot be quantified easily. The qualification for meeting the requirement ‘can easily be recognized’ will therefore be based on expert opinion, by e.g. a flavourist or a sensory panel evaluating the consumer product. The labelling of consumer products is the responsibility of the food manufacturer”.
Considerato che la composizione dell’aroma è operazione molto tecnica al fine di evitare controversie tra gli operatori che possono poi riverberarsi sulla corretta informazione al consumatore è fondamentale la corretta etichettatura dei prodotti.
In ogni caso, sotto il profilo delle responsabilità è vero che il produttore di aromi è tenuto ad assicurare la corretta etichettatura del prodotto venduto, ma è anche vero che l’operatore che commercializza il prodotto finito (che verosimilmente sfrutterà a livello comunicazione le caratteristiche naturali o di gusto dell’aroma) è tenuto ad assumere ogni informazione utile al fine di garantire la corrispondenza di quanto dichiarato alla composizione reale del prodotto.
La corretta definizione di accordi, capitolati e la massima trasparenza tra gli operatori è sicuramente la strada maestra per evitare che questioni cosi difficilmente risolvibili trovino poi la sede di discussione nelle aule di giustizia.
Avv. Gaetano Forte – www.avvocatogaetanoforte.it