Germania, Texas, Giappone: qui si trovano i tre retailer insigniti nella prima edizione del Cibus Global Award, che hanno premiato le catene che in Europa, America e Asia meglio assortiscono, espongono e promuovono nei propri punti vendita le specialità dell’Italian food & drink.
Nel Vecchio Continente si è affermata la tedesca Edeka, mentre negli Stati Uniti si è imposto Central Market e in Giappone Isetan Mitsukoshi.
I parametri di valutazione del Cibus Global Award – organizzato da Gruppo Food e Fiere di Parma – su cui si è basato il premio vanno dall’ampiezza dell’assortimento al numero di referenze a scaffale, dalle promozioni alle attività informative in store fino alle relazioni commerciali tra aziende fornitrici e catene stesse (sulla base anche di un sondaggio condotto tra gli export manager delle maggiori aziende dell’Italian food & wine).
Per effettuare le rilevazioni, Gruppo Food si è avvalso della collaborazione delle società migliori esperti nei rispettivi mercati di riferimento: Retail Watch per il mercato europeo, Mra per quello americano, Btg Group per quello asiatico. Una squadra di “osservatori” ha lavorato per mesi per studiare e classificare l’esposizione dei prodotti italiani nella distribuzione moderna estera. Per quanto penalizzati dalla sostanziale assenza di insegne tricolori (con le poche eccezioni di Eataly, Conad e Coop) cresce esponenzialmente l’interesse da parte delle catene internazionali per l’offerta dell’industria italiana.
In Europa, quindi, al vertice risulta la catena tedesca Edeka, per il vasto assortimento, per l’eccellente ordine e visibilità dei prodotti italiani su scaffale, specie nelle categorie dei salumi e dei formaggi (secondo e terzo classificati sono risultati l’inglese Waitrose e la francese Carrefour).
Negli States in cima al podio è la texana Central Market, premiata per il grande coinvolgimento dei consumatori nell’esperienza di acquisto del food italiano, con assaggi e corsi di cucina e gastronomia (al secondo posto figura Whole Foods e al terzo Kings/Balducci).
In Asia, infine, (e in particolare in Cina (area di Shanghai, Corea e Giappone) il primo premio è andato alla catena giapponese Isetan Mitsukoshi, per la gran cura messa nelle promozioni del prodotto italiano come le settimane delle Italian Fairs, seguita dalla cinese City Super e dalla giapponese Kinokunya.
In Europa, secondo RetailWatch, le aziende produttrici italiane dovrebbero privilegiare soprattutto l’investimento sui prodotti per gli store brands delle varie catene, che stanno aumentando molto il livello qualitativo, tanto da competere con i prodotti di marca, cercando però di evidenziare al massimo sulle confezioni e sui plateaux (esemplare in questo senso sono gli esempi dei discounter Aldi e Lidl) la tipicità italiana, da accompagnare possibilmente con informazioni sul prodotto.
Negli Stati Uniti, il fenomeno da affrontare con la massima decisione è costituito dall’ampiezza della diffusione degli Italian sounding, tanto che sugli scaffali spesso convivono prodotti autentici italiani e prodotti falsi. La domanda di prodotti italiani autentici è crescente in tutti gli States: non si limita all’East Coast, alla California o alle grandi città ed emerge una grande richiesta di pasta, sughi e formaggi. Ma dal target crescente dei foodies, il cui numero sale costantemente, aumenta anche la domanda di salumi, il prosciutto crudo in primis, benché sia ostacolato da una legislazione particolarmente protezionista. Le migliori catene puntano su assaggi, informazione e servizi personalizzati nei punti vendita, con addetti sempre più informati e in grado di spiegare le caratteristiche delle specialità e aiutare la clientela a orientarsi.
Più complesso il discorso nel trade asiatico, dove – con l’eccezione del Giappone – i prodotti italiani richiedono di essere più “raccontati” e “spiegati” per entrare stabilmente negli assortimenti e nelle scelte di spesa dei consumatori, con la parziale eccezione della pasta, che è il prodotto in cui l’italianità è riconosciuta al 100%. Si vende bene anche l’olio di oliva, cui fa concorrenza l’olio spagnolo, e stanno conquistando spazi anche i formaggi e i salumi. Anche in Asia fattore chiave dell’affermazione dell’Italian food & wine resta la formazione: ossia la presentazione diretta e approfondita dei prodotti, attraverso assaggi, degustazioni, corsi e personale qualificato. In Cina (in particolare a Shanghai) e in Corea del Sud, il cibo italiano è acquistato solo dalle fasce alte della popolazione, attratte dal lifestyle italiano, mentre in Giappone, dove la cucina europea è molto conosciuta da anni, tutti i prodotti italiani hanno grandi opportunità di sviluppo, e in particolare per le specialità tipiche e per gli alimenti bio.
Cibus Global Award, i tre vincitori
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