L’immagine è volutamente forte. Nel mese in cui si svolgono i due più importanti appuntamenti dell’anno per gli operatori del largo consumo – Cibus e Linkontro Nielsen – abbiamo messo in copertina una bomba che sta per esplodere. Il riferimento non è solo al discusso articolo 62 del decreto Monti – a cui abbiamo dedicato l’inchiesta di copertina – ma più in generale al delicato rapporto tra industria e distribuzione: una relazione che, provata dalle tante tensioni innescate dalla crisi, rischia di perdere di vista i motivi forti per i quali dovrebbe invece rinsaldarsi per affrontare di slancio gli scenari sempre più complessi e discontinui che ci troviamo di fronte. “Uno scontro tra la moderna distribuzione e i produttori non porta vantaggi a nessuno” ha recentemente sottolineato in un suo editoriale Francesco Pugliese, direttore generale di Conad, preoccupato dell’impatto finanziario che proprio l’articolo 62 potrebbe avere sul sistema distributivo italiano. E ha aggiunto “Rischieranno la crisi, se non la chiusura, tantissime piccole imprese di distribuzione che operano nell’ambito del food, perché un provvedimento del genere sposta almeno sei miliardi di euro in termini di pagamenti, con un’alta incidenza di costi (almeno 300 milioni di euro)”. Dall’altra parte della barricata, l’industria rivendica la necessità di approvare una norma che ci metterebbe in linea con il resto d’Europa e introdurrebbe paletti e principi etici in un ambito, quello dei tempi di pagamento, dove c’è ancora troppo margine per chi non opera correttamente. A nostro avviso, la ‘soluzione’ potrebbe stare nel mezzo: continuare a procedere sulla via della regolamentazione, ma entro un arco temporale un po’ più lungo (come d’altra parte è avvenuto negli altri Paesi europei), in modo da dare al sistema la possibilità di adeguarsi gradualmente a un nuovo assetto non facile da raggiungere quando è in atto una turbolenza economica delle proporzioni che conosciamo. Ma per arrivare a un accordo virtuoso, ancora una volta, bisogna non perdere di vista i motivi forti che lo rendono necessario. Un esercizio utile, a questo proposito, sarebbe quello di rileggere la call to action dell’ultimo Consumer Goods Forum che ha chiamato a raccolta 400 produttori, distributori e fornitori di servizi di oltre 70 Paesi, per tracciare i 12 trend globali che nei prossimi dieci anni cambieranno i connotati del largo consumo. Una delle tendenze più importanti riguarderà, per esempio, l’ottimizzazione di una supply chain condivisa. “I nuovi modelli commerciali – si legge nel rapporto Indicod Ecr che commenta il Forum – si concentreranno sulla ‘collaborazione per la concorrenza’, mentre supply chain intelligenti e non dipendenti dal marchio emergeranno laddove informazioni (tra cui Pos, dati d’inventario e di previsione) e beni (tecnologie, infrastrutture e flotte) sono condivisi lungo la catena del valore. La logistica della distribuzione non sarà più un terreno competitivo, bensì la base di una collaborazione che permetterà una differenziazione competitiva in altre aree a essa superiori”. Non solo. La collaborazione sarà fondamentale per gestire al meglio l’impatto delle tecnologie di nuova generazione: l’It – riporta Indicod Ecr – rappresenterà un’espansione dell’intelligenza di ogni organizzazione, una sorta di connettore universale. La conseguenza sarà che aumenteranno flessibilità ed economicità delle soluzioni grazie al cloud computing e i player di industria e distribuzione potranno “simulare, descrivere, elaborare modelli, eseguire e gestire i processi collaborativi in modo rapido e dinamico (gestire insieme promozioni, categorie, inventari)”. Una maggiore collaborazione sarà fondamentale anche per affrontare i grandi cambiamenti che rivoluzioneranno la società del futuro: entro il 2015 raddoppieranno le città con oltre 8 milioni di abitanti e questa spinta urbanizzatrice impatterà sulle dimensioni dei negozi e, ancora una volta, su logistica e infrastrutture distributive. Ma cambierà fisionomia anche il consumatore: aumenterà la popolazione anziana, che riserva gran parte delle sue risorse economiche ai beni di prima necessità, e dovranno di conseguenza modificarsi formati e ubicazioni dei punti vendita e affinarsi i servizi di consegna a domicilio. Nei prossimi 10 anni crescerà del 30% il volume delle vendite on line e bisognerà ripensare una proposta ad hoc per i web shoppers. E ancora: per venire incontro alle esigenze di un consumatore più attento a benessere e sostenibilità, sarà essenziale migliorare l’efficienza e la trasparenza lungo tutta la catena del valore dell’industria alimentare, sia per ridurre gli sprechi, sia per soddisfare una domanda di prodotti e servizi legati alla salute, che nei prossimi cinque anni è destinata a quadruplicare. Infine sarà necessario far fronte comune contro il rischio d’instabilità dei prezzi causato dalla scarsità delle risorse naturali: “Entro il 2030 – avverte il Consumer Goods Forum – la popolazione mondiale avrà raggiunto gli 8,3 miliardi, mentre la domanda di cibo ed energia sarà aumentata del 50% e quella di acqua dolce del 30%”, sarà quindi fatale che la riduzione delle risorse idriche in agricoltura impatti sulle performance economiche delle grandi industrie. Inoltre, l’aumento della domanda di prodotti alimentari innescherà inevitabilmente la richiesta di maggiori tutele sul fronte della qualità e della sicurezza. Insomma, non saremo a corto di scenari sfidanti. Affrontarli insieme diventerà la conditio fondamentale per garantire al sistema Italia di restare competitivo su uno scenario ormai diventato globale. Maria Cristina Alfieri
Le ragioni della collaborazione
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