Bilancio positivo per China Business Incubator, il primo appuntamento del progetto sviluppato per il consorzio Italia del Gusto da Gea, società di consulenza strategica, in collaborazione con Fiere di Parma.
Focus della due giorni di lavoro – svoltasi presso la Sala dei 300 di Fiere di Parma – il mercato cinese e i rapporti commerciali col settore alimentare italiano. Le aziende di Italia del Gusto – consorzio che comprende le più importanti realtà italiane del settore wine & food – hanno incontrato i principali importatori e distributori dell’area di Shanghai, che hanno illustrato le opportunità e le chiavi di accesso al loro mercato, sia in termini di tipologie che di presentazione dei prodotti.
A sostegno dei contatti di business delle aziende, alla manifestazione hanno preso parte attiva Intesa Sanpaolo, il ministero della Salute, l’Ice centrale e l’ufficio di Shanghai, Simest, Sace e Fondazione Italia Cina.
Il mercato cinese è aperto alle aziende alimentari italiane, ma occorre fare grande attenzione a come si entra in una realtà così complessa. I prodotti italiani più richiesti sono, nell’ordine, vino, olio d’oliva, caffè, cioccolato, pasta e formaggio (fonte Metro China) e per proporli ai consumatori cinesi servono piani di fattibilità assai ben studiati. È necessaria però una grande conoscenza delle leggi e della cultura cinese e, in particolare, dell’area in cui si vuole investire: partner locali che favoriscano l’approccio alla distribuzione e attività ‘formative’ per far conoscere i prodotti prima di passare alla vendita, sono le tre fasi più importanti evidenziate dagli importatori.
Oggi le aziende italiane presenti in Cina sono 900: il volume d’affari tra Italia e Cina nel 2011 si è attestato a circa 51 miliardi di dollari (41,66 miliardi di euro). Delle 900 aziende presenti sul mercato, diverse ormai sono del comparto alimentare. “L’export globale dell’alimentare made in Italy vale 33 miliardi di euro – ha ricordato Antonio Cellie, ceo di Fiere di Parma – e circa 3 miliardi sono fatturati overseas. Di questi, circa un terzo è realizzato in Cina”.
L’export del wine & food made in Italy verso la Cina è cresciuto nell’ultimo anno del 36%, con un fatturato complessivo di oltre 248 milioni di euro. In particolare, il mercato delle bollicine risulta molto attrattivo per i buyer del Paese del Dragone: nel 2011 le vendite hanno registrato un incremento del 236 per cento. Ai prodotti italiani vanno applicate etichette esplicative in lingua cinese, facendo attenzione però a non coprire troppo l’etichetta originale.
“Per i cinesi di fascia alta, vino italiano significa lusso, tradizione, storia e l’etichetta racconta l’impegno antico delle famiglie italiane produttrici di vino” spiega Manuel Arce di Cws, società specializzata da anni nella commercializzazione di vino e liquori in Cina. Dove c’è ancora molto spazio di crescita per il vino italiano: nonostante il boom dello spumante, il nostro Paese è al quarto posto nella classifica dell’import cinese, dopo Francia, Australia e Cile. In campo enologico – ma la regola vale comunque anche per tutti gli altri prodotto del settore food – le fasi cruciali sono fondamentalmente tre: educational/degustazioni/vendita.
Esistono ancora, peraltro, grandissime barriere non tariffarie che rallentano e in molti casi bloccano le esportazioni di prodotti alimentari made in Italy in Cina. Perciò è arrivato un appello pragmatico ad ambasciate, ministeri e istituzioni: bisogna concentrarsi sull’abolizione delle barriere non tariffarie.
Sulla presentazione dei prodotti ha insistito Hiufan Tsang, rappresentante di Sinodis, società cinese specializzata nell’import e nella distribuzione alimentare, che ha evidenziato come “servono etichette in cinese, un packaging più in sintonia con la cultura orientale, meglio ancora se realizzato ex novo proprio per questo mercato”. Tsang ha sottolineato come nell’export verso la Cina sia determinante la shelf life: fresco a parte, molte referenze viaggiano ancora via mare per cui, per esempio, un prodotto congelato con shelf life di sei mesi, ha un tempo effettivo di vendita sugli scaffali di circa tre settimane. “Ricordatevi – ha aggiunto Tsang – che finire sugli scaffali dei negozi cinesi non basta: bisogna frequentare il mercato per capire cosa funziona e cosa no, è indispensabile avere persone sul posto che verificano quello che succede. Da lontano non si può fare nulla”.
Cesare Romiti, presidente di Fondazione Italia Cina, ha illustrato due importanti progetti che la Fondazione sta portando avanti con il ministero degli Affari esteri, 9 regioni italiane e il Governo cinese. Il primo, denominato Guangdong Italy Traineeship, si pone come obiettivo il rafforzamento delle relazioni economiche tra le nove regioni partner e la provincia del Guangdong attraverso azioni di formazione e di traineeship rivolti a dirigenti/manager privati delle regioni italiane e del Guangdong. Il progetto è rivolto alle imprese: nella selezione dei partecipanti si terrà conto delle filiere di maggior rilievo in termini di opportunità in una prospettiva d’incontro tra offerta di competenze italiane e potenzialità di collaborazione e sviluppo anche commerciale con l’imprenditoria cinese e, più in generale, con la domanda di questo mercato.
Il secondo progetto, in collaborazione con Regione Emilia-Romagna, prevede la realizzazione di una missione plurisettoriale d’imprese della regione che avranno incontri istituzionali e di business con controparti cinesi, sia a Hong Kong che nella Provincia del Guangdong.
L’export dell’Italian food in Cina
Categorie | Gen-mar 2011 | Gen-mar 2012 | Var % |
Carne lavorata e conservata, prodotti a base carne | 10.235.130 | 11.994.762 | +17,19 |
Ortofrutta lavorata e conservata | 1.220.211 | 1.974.501 | +61,82 |
Oli e grassi vegetali e animali | 5.317.239 | 5.906.757 | +11,09 |
Prodotti lattiero-caseari | 1.042.545 | 1.036.597 | -0,57 |
Prodotti da forno, farinacei | 1.905.951 | 3.480.476 | +82,61 |
Altri prodotti alimentari | 5.967.366 | 6.809.735 | +14,12 |
Totale | 25.688.442 | 31.202.828 | +21,47 |
Fonte: Fiere di Parma