Il più grande suk del mondo è online

Il più grande suk del mondo è online

Barter, swapping, baratto. Se digitate su Google “siti online baratto” scoprirete un mondo: 182mila risultati in 30 secondi. C’è davvero da sbizzarrirsi: in genere questi siti si reggono su un vasto database. Chi si iscrive digita anche le proprie preferenze ed è quasi fatta: quando c’è un venditore con un prodotto o un servizio circostanziato, il seller sa che quell’iscritto fa per lui per le preferenze indicate. Molti internauti vendono, ma moltissimi scambiano: sia il nuovo, sia l’usato, con valutazioni che possono ovviamente variare. Qui siamo nel suk, dove la trattativa fa parte dello scambio e dura anche nel tempo.
Scambio un computer con un servizio di babysitteraggio. Se il servizio è troppo caro il venditore del computer può aggiungere qualcos’altro: anche soldi, perché no? Meglio, però, prodotti e servizi. Ikea con il suo sito Hemma ha una sorta di pinterest (un tableau) sul quale si appunta il prodotto Ikea da vendere o da scambiare, con tanto di foto messa a disposizione dalla gss di arredamento, con l’aggiunta del prezzo: postata l’offerta, si aspetta il buyer. I risultati ci sono, lo scambio è frequentissimo, molte volte il prodotto viene regalato, bisogna solo andarlo a prendere.
Nell’universo del baratto dell’alimentare, almeno ufficialmente per la parte consumer, non c’è traccia. I motivi sono molti: ci sono le date di scadenza da rispettare, le condizioni di sicurezza, gli imballi, ecc. Però nel b2b il baratto (traduciamolo in inglese con ‘barter’), c’è, eccome. Nel vino intere partite, anche di prodotto pregiato, sono vendute con questo sistema, lo stesso avviene anche nei prodotti a base di chimica, nei surgelati, nei superalcolici. Chi raccoglie pubblicità sa bene che si possono ritirare partite di prodotto in cambio di inserzioni pubblicitarie, ormai da diversi anni, Mediaset ha una divisione apposita.
Ma è davvero escluso l’alimentare fresco da questo vero e proprio terremoto sociale che ha allungato il ciclo di vita dei prodotti? Noi propendiamo per una soluzione intermedia: si fa ma non si dice, proprio per le caratteristiche delicate del prodotto alimentare: se arriva l’Assl, sono dolori e burocrazia. La spia più evidente che il baratto nell’alimentare c’è, è dato dalla catena Quel che c’è del gruppo QCC Media, che sta per aprire il suo terzo punto di vendita al dettaglio. Fra le marche vendute troviamo Barilla, CocaCola, Pepsi, Colgate, Findus e tante altre, addirittura Campari.
Il baratto, allora, ha un futuro anche nell’alimentare? La risposta va divisa in due: ha un futuro roseo (per le meccaniche che suggerisce) certamente nel b2b, ma probabilmente anche nel b2c. Del resto, il commercio al dettaglio diventa sempre più di vicinato, semplificandosi nelle superfici e nell’assortimento, nel sistema promozionale e in quello di fidelizzazione. Addirittura, in qualche Paese del Nord si scambiano torte artigianali con ortofrutta, uova in cambio di pasta secca. State sorridendo? Ascoltate con attenzione questi segnali deboli, per capire che in periodi di recessione lunga e di cambiamenti sociali veloci, queste nuove forme di acquisto e di consumo sono sempre più frequenti. Oltretutto, frenano l’inflazione e mantengono (in altre forme, s’intende) l’occupazione. Barattate, gente, barattate!
Luigi Rubinelli

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