La Corte di giustizia europea, chiamata a interpretare la nozione di “indicazione sulla salute” di cui al Reg. 1924/2006, giunge ad affermare che tale nozione va interpretata in senso ampio, ricomprendendo un’indicazione come “facilmente digeribile”, accompagnata dalla menzione del contenuto ridotto di sostanze considerate negative da un gran numero di consumatori. Dato che rientra tra le indicazioni salutistiche la dicitura “facilmente digeribile” risulta vietata sulle bevande contenenti più dell’1,2 % in volume di alcool: di conseguenza non può essere utilizzata per etichettare o pubblicizzare un vino. La sentenza della Corte di giustizia europea del 6 settembre scorso risponde in modo categorico alle esigenze interpretative sollevate dalla Corte federale amministrativa tedesca, investita in ultimo grado della causa insorta tra una cooperativa di viticoltori tedeschi e gli enti incaricati di controllare la commercializzazione delle bevande alcoliche, in relazione alla possibilità da parte della cooperativa di commercializzare alcuni vini la cui etichetta riporta la dicitura “Edizione leggera, facilmente digeribile”, e designato nel listino prezzi con l’espressione “Edizione leggera – lieve acidità – facilmente digeribile”.
Mentre, infatti, per l’autorità di controllo e per i giudici di merito tedeschi tale dicitura è da considerarsi “indicazione sulla salute” e in quanto tale vietata per gli alcolici ai sensi dello stesso Reg. 1924/2006, per la cooperativa e per il giudice di legittimità si tratta di un’interpretazione estensiva opinabile. Secondo questi ultimi, infatti, la qualificazione come “indicazione sulla salute” non può dirsi propria di una dicitura che evidenzia un effetto passeggero su un processo metabolico (come la digestione) e che non ha alcuna incidenza sulla stato di salute o sulle condizione fisiche, intese in senso duraturo o comunque a lungo termine.
La Corte di giustizia è, dunque, dirimente nell’attribuire alla dicitura “facilmente digeribile” una valenza salutistica. Nel proprio processo argomentativo, la Corte osserva che la definizione di “indicazione sulla salute”, fornita dall’art. 2 del Reg. 1924/2006, non contiene nessun riferimento specifico circa l’intensità o la durata dell’effetto benefico dell’alimento sullo stato fisico, ma si focalizza sul rapporto sussistente tra un alimento o suo componente e la salute. Giunge, pertanto, a ritenere che la nozione di “indicazione sulla salute” deve ritenersi ampia, dovendosi “ricomprendere non soltanto un rapporto che implichi un miglioramento dello stato di salute riconducibile al consumo di un alimento, ma anche qualsiasi rapporto che implichi l’assenza o la riduzione degli effetti negativi o nocivi per la salute che accompagnano o seguono, in altri casi, un siffatto consumo e, dunque, la mera preservazione di un buono stato di salute nonostante il suddetto consumo potenzialmente dannoso“.
L’indicazione utilizzata dalla cooperativa tedesca, pertanto, che associa al tenore ridotto di acidità del vino l’effetto di una digeribilità facilitata, potrebbe suggerire nel consumatore l’idea che, nonostante la consumazione costante e prolungata nel tempo del prodotto in questione, non vi siano effetti negativi sulla salute, ma, al contrario di altri vini, abbia l’effetto di preservare in buono stato il sistema digerente, accrescendo in questo modo i rischi inerenti al consumo non moderato delle bevande alcoliche per la salute dei consumatori.
Infine, la Corte dichiara che il fatto di vietare, senza alcuna eccezione, a un produttore o a un distributore di vini di usare in etichetta o nella pubblicità un’indicazione come quella in esame (“facilmente digeribile”), ancorché di per sé esatta, non viola nella sostanza principi fondamentali, quali la libertà professionale e la libertà d’impresa, essendo giustificato dall’esigenza di garantire un elevato livello di tutela del consumatore.
Tenuto conto delle problematiche legate alla dipendenza e all’abuso di alcool, si ritiene giustificata una regolamentazione particolarmente restrittiva in materia; il limite posto, infatti, ha come ratio quello di evitare che diciture che esaltino possibili effetti benefici del vino o altra sostanza alcolica possano fuorviare il consumatore, inducendolo a ritenere tali effetti prevalenti rispetto alle dimostrate possibili conseguenze negative derivanti dalla consumazione di bevande alcoliche.
Avv. Gaetano Forte
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