Il valore legale dell’analisi di un prodotto fresco scaduto

Il valore legale dell’analisi di un prodotto fresco scaduto

La Corte di cassazione si è pronunciata su una questione molto dibattuta nel settore alimentare: il significato e la portata delle analisi effettuate su prodotto fresco una volta che lo stesso sia analizzato dopo il decorso della data di scadenza.
Il titolare di un’azienda di produzione di carne avicola era stato condannato dal Tribunale di primo grado per la detenzione di prodotto alterato ai sensi dell’art. 5 lett. d) della legge n° 283/62 (“È vietato impiegare nella preparazione di alimenti o bevande, vendere, detenere per vendere o somministrare come mercede ai propri dipendenti, o comunque distribuire per il consumo sostanze alimentari ….d) insudiciate, invase da parassiti, in stato di alterazione o comunque nocive, ovvero sottoposte a lavorazioni o trattamenti diretti a mascherare un preesistente stato di alterazione”): segnatamente, involtini di pollo con presenza di salmonella spp. Con impugnazione avanti la Corte di cassazione, il condannato, con un unico motivo di ricorso, eccepisce la nullità delle analisi sui campioni di involtini di pollo, prelevati presso la propria ditta, in quanto effettuate dopo la scadenza del prodotto e chiede alla Corte di annullare di conseguenza la sentenza di prime cure.
Il ricorso è, tuttavia, inammissibile, dal momento che la sentenza del tribunale non pare soffrire di alcun vizio di legittimità. La Corte infatti rileva che al prevenuto è stata contestata la violazione dell’art. 5 lett. d) l. 283/62 per il rinvenimento negli involtini di patogeno del genere salmonella spp e che la data di scadenza del prodotto è normalmente apposta nel confezionamento di esso per rendere edotto l’acquirente del termine entro il quale l’alimento va consumato, ma non può avere nessun collegamento con la presenza di germi di salmonella che sono stati rinvenuti in sede analitica, in quanto detti germi non si instaurano nella carne avicola allo scadere del citato termine di consumazione, ma è evidente che sono presenti in questo tipo di prodotto sin dalla fase di lavorazione della materia prima, precedente alla messa in vendita, a causa della scarsa igienicità delle attrezzature e dell’ambiente di lavoro. Quanto detto nel caso di specie è stato altresì confermato dalle dichiarazioni rese dai verbalizzanti che procedettero al prelevamento a campione sulle merci, che hanno confermato come a carico della ditta del ricorrente fosse stata anche disposta una sospensione della attività produttiva, per la durata di giorni 5, al fine di consentire una radicale revisione del piano di autocontrollo aziendale – rivelatosi inadeguato – attraverso una rivalutazione dei rischi per la salute, nonché la riformulazione delle procedure produttive per la selezione delle materie prime, il lavaggio e la disinfezione dei locali e delle attrezzature, il controllo microbiologico della produzione e dell’ambiente di lavoro. La ditta era già stata, inoltre, classificata “ad alto rischio igienico” ed era, perciò, sottoposta a periodici controlli.
La pronuncia della Corte riveste particolare importanza dal momento che spesso accade che talune indagini analitiche siano effettuate dopo la scadenza del prodotto: se è vero, pertanto, che alcuni risultati analitici sfavorevoli sono inattendibili se effettuati dopo il decorso della data di scadenza, questo non risulta sempre essere vero, soprattutto, come nel caso di specie, quando si tratta d patogeni che non sono legati alla durabilità del prodotto, bensì sono sintomatici di una scarsa igienicità della fase di lavorazione (ambiente e/o attrezzature).
In queste ipotesi, infatti, il termine entro il quale il prodotto va consumato non è in alcun modo collegato con la rilevazione dei germi di salmonella, la cui presenza è del tutto indipendente dal momento di esecuzione dell’indagine.

Avv. Gaetano Forte
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