Con il 18,1% di quota a valore, la marca privata ha raggiunto i 9,3 miliardi di euro nel mercato del largo consumo confezionato. Inoltre, il 99,8% dei consumatori hanno acquistato un prodotto a marchio del distributore nell’ultimo anno, riconoscendovi, nell’attuale contrazione dei consumi, un’ottima opportunità di bilanciamento fra prezzo e qualità.
“La marca privata – ha commentato Guido Cristini, ordinario di marketing dell’università di Parma, presentando una panoramica dello sviluppo e dei valori della private label al convegno inaugurale di Marca a Bologna, il 16 gennaio scorso – accresce la competizione, valorizza le imprese italiane e aumenta il potere di acquisto del consumatore. Su una spesa totale di 57 miliardi di euro, infatti, il risparmio stimato è di 1,75 miliardi per le famiglie italiane”.
Se sui temi della crescita e delle opportunità di questo business sono tutti d’accordo, su quello della collaborazione tra industria e distribuzione il dibattito è più che acceso. Come ha sottolineato Camillo De Berardinis, presidente di Adm, “i provvedimenti legislativi per favorire la filiera sono importanti, ma soprattutto è fondamentale un cambiamento di approccio. È cioè necessario costruire opportunità di sviluppo lavorando insieme nella filiera per ridurre i livelli di intermediazione e costruire rapporti più equilibrati”.
Per Gerhard Dichgans, direttore generale di Vog, il canale moderno rappresenta uno sbocco imprescindibile, visto che il 70% delle mele dell’Alto Adige sono vendute ai grandi retailer italiani ed europei: riconoscendo, implicitamente, il ruolo centrale della private label negli accordi con il trade moderno.
Per Paolo Micheli, presidente di Parmareggio, “essere fornitori per la marca commerciale rappresenta un business importante ma incerto: per esempio, in riferimento alla durata dei contratti, e temo si arrivi a una perdita di qualità dell’offerta. È vero che molte aziende hanno accesso al mercato grazie alla private label, ma è vero anche che gli scaffali della distribuzione moderna non cambiano”.
Diversa l’opinione di Francesco Pugliese, direttore generale di Conad, secondo cui la partita si vincerà solo attraverso la collaborazione. “Bisogna cambiare il modo di interfacciarsi – ha affermato Pugliese durante il convegno – e sostituire l’‘io’ al ‘noi’. La marca commerciale è il prodotto più democratico che esista, proprio perché riesce a sintetizzare questo ‘noi’”. Anche da Vincenzo Tassinari, presidente del consiglio di gestione di Coop Italia, è venuto un invito alla collaborazione costruttiva: “La gdo in Italia è sempre stata vista come elemento da combattere, e questo si è rivelato un errore politico, strategico e imprenditoriale. Ma ora bisogna costruire insieme un nuovo sistema economico, ed è proprio il consumatore che ci chiede questo cambiamento”. Silvia Fornari
Marca/Bologna, la pl a 9,3 miliardi di euro nel 2012
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