Ormai diventa inutile anche ripeterlo. Il calo dei consumi è strutturale. Federdistribuzione stima nell’ordine del 2% la contrazione riportata dalle vendite al dettaglio nel 2012 e del 5% la perdita a valore subìta dalla spesa negli ultimi cinque anni. Per vedere qualche segno più davanti a un qualsiasi dato di vendita bisogna spostarsi su due terreni diversi da quello dei consumi interni: il primo è quello dei mercati esteri, il secondo di quelli digitali. Entrambi hanno in comune un elemento fondamentale: impongono alle imprese italiane di mettere nel loro mirino nuovi target da conoscere e colpire. Non solo. I due terreni possono arrivare addirittura a coincidere. La rete può diventare (per certi versi lo è già) una preziosa alleata per sostenere le strategie di internazionalizzazione delle imprese italiane, o quantomeno per aprire la via a una presenza fisica all’estero che spesso non è facile né rapido realizzare, soprattutto in una congiuntura economica come quella che stiamo vivendo. Una recente indagine realizzata da Regus sulle imprese italiane, dimostra che nel nostro Paese molti tirano il freno a mano quando si parla di export. Il motivo? Sei aziende su dieci individuano nella burocrazia il principale ostacolo alla loro presenza oltreconfine, ma tra i sassi d’inciampo alla corsa sui mercati esteri indicano anche fattori come la difficoltà nel consolidare un’immagine fuori dall’Italia o i costi di trasferimento di personale esperto. Insomma, nonostante negli ultimi 12 mesi il 50% delle aziende che opera a livello internazionale abbia segnalato una crescita dei profitti rispetto al 38% delle imprese che operano solo a livello nazionale (e nonostante il 59% delle aziende esportatrici abbia registrato una crescita del fatturato rispetto al 47% di quelle che lavorano solo sul territorio nazionale), lo sbocco all’estero è ancora vissuto da molti imprenditori come un’opzione piuttosto costosa e complessa. Ecco perché le piattaforme digitali potrebbero diventare una preziosa opportunità per consentire alle imprese di cimentarsi in modo soft con piazze diverse.
Non inganni tuttavia l’apparente semplicità di una soluzione meno strutturata e dispendiosa. Il consumatore digitale ha abitudini e atteggiamenti diversi da quello che frequenta abitualmente i punti vendita fisici. Come studiarlo? Una valida risposta è quella d’incominciare a fare ‘allenamento’ sul mercato domestico dove, nel 2012, si è registrato un vero e proprio boom dei canali digitali. Lo conferma l’Osservatorio di Nielsen, Connexia e Politecnico di Milano, che ha recentemente disegnato il profilo di quattro nuovi cluster di consumatori partendo proprio dal concetto che la multicanalità sia diventata nel 2012 un fenomeno di massa, interessando oltre il 53% delle popolazione over 14. Il primo cluster è quello dei cosiddetti newbie: 5,3 milioni di consumatori considerati neofiti della multicanalità, soprattutto over 55 anni, ma anche giovanissimi alle prime esperienze digitali, con problematiche ed esigenze tipiche di chi approccia per la prima volta un nuovo canale. C’è poi il cluster degli old style surfer che riunisce 7,7 milioni di persone, soprattutto uomini e di giovane età, che hanno un approccio al web definito ‘vecchio stile o strumentale’, ossia finalizzato a rendere più efficiente il processo d’acquisto e a risparmiare tempo. Il segmento più cospicuo è poi quello dei social shopper, 10,7 milioni di individui in prevalenza uomini e soprattutto over 45. “Sono i veri esperti della spesa – si legge nel report – e sono caratterizzati da un forte ruolo della rete nel loro shopping, da un processo d’acquisto strutturato e dalla ricerca della smart choice, ossia di acquisti intelligenti e con elevato rapporto qualità/prezzo”. Chiude il giro il cluster degli hyper reloaded: come suggerisce molto esplicitamente il nome, è il segmento di consumatori più evoluto, rappresentato da 7,6 milioni di persone, ancora una volta in prevalenza uomini, che hanno una vita sociale molto intensa, una marcata propensione all’e-commerce e in generale al coinvolgimento attivo sul web.
Quando abbiamo letto per la prima volta i risultati di questa ricerca, ci siamo chiesti quante imprese italiane ne tenessero realmente conto nelle loro strategie di marketing e commerciali. E quanto questi dati potessero far loro da stimolo per considerare seriamente il canale digitale come un treno per i mercati esteri. Giriamo ai lettori le nostre perplessità insieme a un’ultima considerazione che ci sembra molto significativa. È di pochi giorni fa la notizia che Coop Italia ha firmato un accordo con Expo 2015 per realizzare nell’ambito dell’esposizione internazionale un modello di supermercato del futuro. Sarà uno spazio di oltre duemila mq, dove transiteranno oltre un milione di consumatori: oltre a essere completamente ecosostenibile e autosufficiente dal punto di vista energetico, avrà come punto di forza la tecnologia. Oltre a display che tracciano la provenienza dei prodotti, ci saranno portali e videowall per garantire l’acquisto digitale. Tutto all’insegna della massima integrazione tra fisico e virtuale, in un ecosistema di vendita vincente. L’apoteosi della multicanalità. Varrebbe proprio la pena iniziare a prepararsi. Maria Cristina Alfieri
Il treno digitale
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