Ha preso il via sul numero di aprile di Food una nuova rubrica, Visti da LoRo, dedicata ai più interessanti spot internazionali scelti e commentati da Roberto Scotti e Lorenzo Zordan, creativi dell’agenzia LoRo. Insieme al link per visionare direttamente lo spot, pubblichiamo il testo del commento di Scotti e Zordan a proposito del commercial lanciato da The Coca-Company in Argentina, ‘girato’ solo con telecamere di sicurezza.
“Per girare uno spot oggi basta un telefonino”. Questa frase è ormai un cliché, e c’è da pensare che disturbi i sonni di più di un produttore. Certo, le nuove tecnologie mettono a disposizione di – teoricamente – tutti la possibilità di trasformarsi in artisti. Qualsiasi giovane che si sente creativo, trent’anni fa avrebbe dovuto lottare con i limiti e i costi del super-8: oggi non ha nessun problema. A parte quello di avere talento e di avere qualcosa da dire. C’è da chiedersi cosa avrebbe fatto Fellini con un i-Phone. A proposito: Spielberg usa ancora la cinepresa, vero?
Ma per restare nell’ambito della pubblicità, le nuove tecnologie, e i cosiddetti ‘virali’ che ne conseguono, sono a volte interpretati come un’occasione di sperimentare nuovi linguaggi, molto più spesso come un modo di risparmiare denaro.
Ecco perché colpisce ancora di più l’idea utilizzata dall’agenzia Wunderman di Buenos Aires per Coca-Cola nello spot “Security Cams”: un film ripreso in toto da telecamere di sicurezza. Più virale di così: si utilizza uno strumento ancora più ‘umile’ del telefonino ma con una caratteristica interessantissima: la totale imparzialità del punto di vista. Nessuno è dietro l’obiettivo: la telecamera di sicurezza riprende quello che capita. E guarda caso, le scene catturate rivelano un’umanità molto più buona del previsto. Dove si rubano solo baci, dove le gang si mettono insieme per spingere una macchina in panne, dove si rischia la vita per recuperare il pallone di un bambino. Un’umanità ideale e perfettamente in stile Coca-Cola. Che le sequenze siano frutto non solo di una scelta di montaggio (per nulla imparziale) ma proprio di una messa in scena è lecito sospettarlo, ma l’effetto è convincente e verosimile. Perfino edificante: viene voglia di credere che il mondo sia davvero così, sotto sotto. Ma soprattutto, a noi che facciamo pubblicità, questa comunicazione insegna due cose: un virale può essere perfettamente coerente con la brand identity; ciò che viene ripreso da qualcosa di diverso dalla cinepresa non deve essere per forza un ‘filmetto’.
Roberto Scotti e Lorenzo Zordan, unodiloro@gmail.com