L’appetito vien mangiando. E più le aziende dell’Italian food & wine esportano, più aumenta la voglia di espandere le vendite oltreconfine. I produttori di salumi sono una buona testimonianza della fame crescente di business all’estero. Insieme alle imprese lattiero-casearie e vinicole, sono stati storicamente tra i pionieri dell’export di specialità italiane. E all’ultima assemblea di Assica – attraverso Lisa Ferrarini, presidente dell’associazione – hanno ripreso a ‘battere i piedi’ per risvegliare il Governo e le istituzioni sull’annosa questione degli interventi e strumenti di sostegno per ampliare le rotte commerciali soprattutto extra Ue. Con un chiaro riepilogo delle priorità da affrontare:
1. Eliminare ogni pretesto per le barriere non tariffarie
2. Concludere accordi di libero scambio (eliminare i dazi)
3. Creare una cabina di regia per l’export
4. Coordinare le azioni di promozione, dall’Ice alle fiere
5. Strutturare linee di credito adeguate per le imprese che esportano
6. Qualificare la presenza del made in Italy all’estero: dai desk anticontraffazione all’addetto commerciale agroalimentare.
Anche per il comparto dei salumi, del resto, l’export è stato la valvola di sfogo in un 2012 piuttosto buio: per il secondo anno consecutivo, i consumi interni hanno mostrato una flessione, trascinando verso il basso anche la produzione, che segna un calo dell’1,2% in quantità.
Di conseguenza, la redditività in un contesto di costi crescenti che ha visto un aumento dei prezzi di tutti i principali fattori produttivi (dalla materia prima all’energia, dal lavoro al carico fiscale), è ulteriormente compromessa e l’accesso al credito è sempre più difficile e soprattutto oneroso.
Unica luce, quindi, l’export: con 138.440 ton (+3,8%) e un nuovo record in valore: 1,116 miliardi di euro (+7,2%), malgrado l’ulteriore rallentamento del commercio mondiale e il peggioramento delle condizioni economiche in Europa, principale mercato di riferimento dei salumi made in Italy.
Di qui la battaglia per crescere all’estero, in particolare sui mercati extra-Ue. “Ogni settimana – sottolinea Ferrarini nel discorso tenuto all’assemblea Assica – continuiamo a lavorare perché ci mettano nelle condizioni di esportare. Ricordo che le perdite per la filiera suinicola dovute alle barriere non tariffarie si possono prudenzialmente stimare in circa 250 milioni di euro/anno di mancate esportazioni”.
Prioritario è riuscire ad agganciare la domanda dei Paesi più ricchi e promettenti, spesso ancora difficili o impossibili da raggiungere non tanto per le distanze geografiche e/o culturali, quanto per l’esistenza di barriere tariffarie e soprattutto non tariffarie che impediscono l’accesso ai nostri salumi.
La produzione
La produzione di salumi, dopo un 2011 difficile, ha registrato nel 2012 una nuova flessione, scendendo a 1,197 milioni di tonnellate dalle 1,212 milioni dei dodici mesi precedenti (-1,2%), mentre il fatturato ha evidenziato un leggero miglioramento, arrivando a 7.989 milioni di euro (+0,5%). Un incremento riconducibile agli aumenti dei costi di produzione e, in particolare, a quelli della materia prima cui hanno fatto eco tutte le altre voci di costo: tasse, energia, lavoro, trasporti e spese varie.
Tra i singoli salumi, a soffrire di più sono stati i prodotti a maggiore valore aggiunto. Prosciutto crudo e cotto hanno visto scendere la loro quota complessiva al 48,8% dal 49,2% in quantità e al 52,4% a valore. Nel 2012, la produzione di prosciutti crudi è scesa a 297.400 ton (-3,5%), portandosi sotto i livelli del 2010, mentre quella di cotti è scesa a 286.300 ton (-0,5%) sostanzialmente in linea con quella del 2010. Diversi gli andamenti in termini di valore, con il prosciutto crudo che ha registrato una lieve flessione (-0,5% per 2.247 milioni di euro), penalizzato dalla consistente contrazione della produzione e il prosciutto cotto in lieve aumento (+0,3% per 1.940 milioni di euro).
In calo anche le quantità prodotte di mortadella, scese a 174.300 ton (-1,5%) per un valore di 683 milioni di euro (+0,2%). Meglio, invece, i wurstel che hanno raggiunto il traguardo delle 69.200 ton (+3%) per un valore di 242 milioni di euro (+3,1%), favoriti soprattutto dal fattore prezzo e dalla dinamica domanda estera di Paesi caratterizzati da minori redditi pro capite ma interessati alle nostre produzioni. Scende anche la produzione di speck con 29.500 tonnellate (-3,6%) per un valore di 297 milioni di euro (-2,6%).
Lieve crescita anche per il salame la cui produzione è salita a 111mila ton (+0,5%) per un valore di 935 milioni di euro (+2,2%). Buono il trend delle produzioni di pancetta (+1,7% per 53.800 ton e +2,2% in valore per 248 milioni di euro) e coppa (+0,5% per 42.900 ton e +4,5% in valore per 321,8 milioni di euro). Fondamentali per questi prodotti, soprattutto le pancette, è stato il traino rappresentato dall’export. L’anno, infine, ha riservato soddisfazioni per la bresaola. La produzione nel complesso, dopo aver stagnato nel 2011, nei dodici mesi passati è salita a 15.900 ton (+0,6%) per un valore di 256,6 milioni di euro (+2,1%).
Sul fronte dei consumi, in tutto il 2012 la disponibilità complessiva per il consumo nazionale di salumi (compresa la bresaola) è stata di 1,106 milioni di ton (-1,3%) contro 1,120 milioni dell’anno precedente. Il consumo pro capite è sceso a 18,3 kg dai 18,6 kg dell’anno precedente.
Particolarmente penalizzati gli acquisti di prosciutti crudi stagionati, scesi dell’1,5% a 256.700 ton.: i più toccati dalla crisi sono stati quelli derivati da materia prima nazionale, divenuti per una certa fascia di consumatori meno accessibili. In calo anche l’andamento dei consumi interni del prosciutto cotto, che si sono portati sulle 282.400 ton (-0,9%). Male anche i consumi di mortadella e wurstel (-1% per 221.200 ton), e quelli di salame scesi a 91.200 (-0,9%) dalle 92.000 ton dell’anno precedente. In calo, infine, anche la voce “altri salumi” scesi del -2% a 240.800 ton.
La struttura dei consumi interni vede al primo posto sempre il prosciutto cotto, stabile, con una quota pari al 25,5% del totale, seguito dal crudo, lievemente ridimensionato al 23,2%, da mortadella/wurstel sempre al 20%, dal salame che sale all’8,2% e dagli tipi di salumi al 21,8 per cento.
Assica, nel 2012 export record di salumi (+7,2%)
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