Un boomerang che ha fatto il giro del mondo in 24 ore. A frenare l’impatto saranno sufficienti le scuse ufficiali in italiano e in inglese diffuse dapprima su Twitter e Facebook e poi in un breve video sul sito del gruppo e seguite infine da una presa di posizione ufficiale del gruppo, con la promessa (mantenuta) d’incontrare “gli esponenti delle associazioni che meglio rappresentano l’evoluzione delle famiglie”? Quanto costeranno alla brand image del leader mondiale della pasta le ormai celebri dichiarazioni del presidente Guido Barilla alla trasmissione di Radio 24 La Zanzara, abilmente sollecitate dal conduttore Giuseppe Cruciani? “Per noi il concetto di famiglia è sacrale, rimane uno dei valori fondamentali dell’azienda. La salute, il concetto di famiglia. Non faremo uno spot gay perché la nostra è una famiglia tradizionale (…) A uno la nostra scelta può non piacere. Se gli piace la nostra pasta, la nostra comunicazione, la mangiano. Se non gli piace quello che diciamo, faranno a meno di mangiarla e ne mangiano un’altra. Ma uno non può piacere sempre a tutti”.
Da Le Monde alla Bbc, da Al-Jazeera a The Guardian, dall’Huffington Post a The Independent e al Washington Post, dal Time fino a The Australian e alla Folha de Sao Paulo, moltissimi siti online, tv e giornali di tutto il mondo hanno ripreso al volo le clamorose dichiarazioni di Barilla – così come le sue scuse – riportando al contempo i commenti e le opinioni di esponenti di spicco delle LGBT communities locali.
La minaccia di boicottaggio della pasta e dei sughi Barilla non ha ancora perso la sua forza, spinta dalla propagazione a velocità esponenziale e incontrollabile sui social network, Facebook e Twitter in testa. E più di un competitor diretto – da Buitoni a Garofalo, da Panzani a Lustucru in Francia – ha preso subito posizione per cogliere l’occasione offerta dalla dèfaillance d’immagine del leader.
Un durissimo colpo alla brand equity del marchio di pasta più famoso al mondo: nel 2012, Barilla si collocava al 42° posto nella classifica delle 100 aziende con la migliore reputazione, stilata ogni anno dal Reputation Institute (gli altri brand italiani: Ferrero al 22° posto, Giorgio Armani al 36°, Pirelli al 41°).
Nei prossimi mesi, i danni per le vendite globali del gruppo saranno tutti da valutare. E l’ambizioso piano di espansione del gruppo parmigiano dovrà scavalcare un nuovo, imprevisto ostacolo in molti dei Paesi che più contano per lo sviluppo del business, a cominciare da Stati Uniti, Germania, Svizzera, Brasile, Francia, Australia, Scandinavia…
Come un castello di carte, rischia così di crollare l’imponente e paziente lavoro di branding, realizzato a livello mondiale anche attraverso operazioni complesse, costose e di grande respiro come Academia e Barilla Center for Food and Nutrition. Lavoro che era valso appunto la progressiva scalata di Barilla nei ranking delle aziende e dei brand globali in termini di reputazione e appeal.
Ne soffrirà anche l’immagine complessiva dell’Italian food & wine? Speriamo proprio di no…
Barilla, the day after
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