Il consumatore italiano considera la qualità della private label paragonabile a quella della marca industriale e la acquista – e la continuerà ad acquistare – sempre di più. Secondo le rilevazioni Nielsen aggiornate all’anno terminante a ottobre 2013, la marca privata ha infatti superato i 7,4 miliardi di euro nel food grocery, mettendo a segno una crescita del +5,2 per cento. Un bel risultato, se si considera la contrazione dei consumi domestici, e ancora migliore se paragonato alla flessione della marca industriale, che negli ultimi cinque anni ha visto la sua quota di mercato scendere dal 30 al 25 per cento.
Nel 2013, il food grocery italiano ha perso infatti circa due miliardi di euro, e solo la marca commerciale ha continuato a crescere superando la quota del 18%: la strada per raggiungere la media europea del 30% è ancora lunga, ma sicuramente la private label si conferma uno dei principali fattori di traino del largo consumo confezionato. E una crescita ulteriore, secondo i protagonisti della gdo, non è poi così difficile.
Per esempio in Conad – che ha chiuso il 2013 con un fatturato di 11 miliardi di euro – il motore della crescita interna è rappresentato proprio dalla marca commerciale, cresciuta di 1,26 punti percentuali e giunta a una quota nel largo consumo confezionato del 26,3 per cento. All’interno delle categorie, in particolare, le vendite di prodotti a marca Conad sono cresciute del +2,2%, mentre le marche leader hanno perso il –0,7%, i follower il –0,6% e le marche più marginali il –0,9% (fonte: Iri).
“Nel medio periodo – precisa Francesco Avanzini, direttore commerciale di Conad – pensiamo di conquistare altri sei-sette punti di quota, per raggiungere così la media europea. Lavoreremo soprattutto per ridurre il gap tra le categorie: laddove deteniamo già il 50% di quota non andremo oltre perché non vogliamo sostituirci alla marca nel compito di guidare l’innovazione, ma dove ci attestiamo solo al 10-20% contiamo di ampliare la nostra presenza”.
Nella corsa futura della pl, il divario di quota raggiunta tra gd e do rimarrà comunque alto. Dal punto di vista quantitativo sarà sempre la grande distribuzione a dominare nei valori, sia nel fatturato sia in termini di numerica delle referenze.
Gli amanti della marca commerciale, dal canto loro, chiedono non solo prezzi bassi, ma anche qualità: ne è una controprova il fatto che ormai da alcuni anni le proposte di pl di alta gamma crescono a doppia cifra, anche quando il posizionamento di prezzo è superiore a quello dei prodotti di marca corrispondenti. Come l’offerta a marchio FiorFiore, con cui Coop Italia intende proporre il meglio della cultura gastronomica. “Il consumatore – spiega Roberto Nanni, responsabile brand marketing della direzione prodotto a marchio di Coop Italia – ha il diritto di trovare anche al supermercato alimenti di pregio garantiti dalla catena stessa. Il nostro obiettivo in questo caso è promuovere solo l’eccellenza: quindi sì alle dop, ma solo se premium, visto che non tutti i prodotti tipici possono fregiarsi di questo titolo, e ben vengano anche le specialties dall’estero”.