In un’intervista esclusiva Flavio Amadori ha raccontato a Food i progetti del Gruppo Amadori, una delle imprese italiane più grandi nel settore alimentare, che nonostante la crisi, ha puntato sul rilancio dei prodotti premium. Conquistando i consumatori con un’informazione trasparente e continue innovazioni. Ecco un’anticipazione. La versione integrale è pubblicata sul numero di aprile 2014.
Suo padre, Francesco Amadori, ha la modestia dei grandi. Attento al fare più che all’apparire, ha costruito negli anni un impero che, in perfetta linea con il suo stile, macina risultati sorprendenti senza darlo troppo a vedere. Pochi sanno che Amadori oggi è una delle imprese italiane più grandi nel settore alimentare, con un fatturato 2013 di circa 1.320 milioni di euro (in crescita del 4,7% sul 2012) e oltre 7.200 dipendenti. Una realtà tecnologicamente avanzata, con un sistema logistico straordinariamente efficiente, che gli consente di consegnare in giornata, in tutta Italia, gli ordini ricevuti la mattina. Un gruppo che, tra l’altro, ha appena annunciato un piano di investimenti di 200 milioni di euro in cinque anni per essere ancora più competitivo. “In gran parte si tratta di investimenti necessari per restare all’avanguardia sul fronte tecnologico” ci spiega il figlio di Francesco, Flavio, che ha ereditato dal padre oltre le redini del gruppo anche quell’attitudine alla sobrietà e alla discrezione tipica di chi preferisce pensare alle sfide future piuttosto che ai successi passati. “Bisogna investire continuamente se si vogliono soddisfare quelle esigenze di innovazione, automazione, sicurezza che deve rispettare chi fa della qualità un suo punto di forza – spiega Amadori –. Senza contare poi che gli investimenti sono resi necessari anche da una normativa che, in Italia, è sempre più restrittiva rispetto a quanto recepito dagli altri Paesi europei”.
Avere standard più rigidi è un vantaggio o un peso?
In termini qualitativi ovviamente è un vantaggio. Sul fronte economico ci richiede uno sforzo che, sommato ai maggiori costi dell’energia e del lavoro, ci penalizza rispetto ai produttori di altri paesi europei.
Qual è la forbice per il costo del lavoro nel vostro settore?
In alcuni Paesi la manodopera è pagata anche 8/9 euro l’ora, da noi il costo è anche tre volte tanto. Il problema del cuneo fiscale non è da poco.
Quali sono oggi i competitor per voi più minacciosi?
Si stanno facendo avanti con forza i produttori tedeschi, che fino a ieri servivano solo i grossisti, mentre adesso forniscono direttamente anche la gdo. Hanno molte meno referenze (30/40 contro le nostre 1.700) e ci mettono più giorni ad arrivare a scaffale da quando parte l’ordine, ma su quei pochi item sono molto aggressivi, soprattutto in ragione del prezzo. E qualche quota iniziano a conquistarla.