Se l’agroalimentare made in Italy vale 33,5 miliardi di euro e il made in Germany ne vale quasi il doppio (60 miliardi), per il Paese che vanta il maggior numero di prodotti Dop a livello mondiale, cioè proprio l’Italia, vi sono ampi spazi di crescita e per azioni che consentano di trasformare un indiscusso primato di notorietà in reale reddito per i produttori.
È partendo da questi dati che il presidente del Consorzio del parmigiano reggiano Giuseppe Alai ha presentato ieri all’assemblea dei soci una serie di linee di lavoro che puntano proprio ad accrescere la redditività del comparto, fondata su un nuovo equilibrio che chiama in causa la produzione (e il tal senso agisce il piano di regolazione dell’offerta che per il 2014 prevede la produzione di 3.250.000 forme, ovvero 29mila in meno rispetto al 2013, la tradizione, l’innovazione, i legami con il territorio, i nuovi modelli di consumo, il rapporto qualità/prezzo e, in particolare, le relazioni commerciali e le modalità di comunicazione.
Sullo sfondo vi sono buone condizioni, a partire da una produzione che nei primi due mesi del 2014 ha fatto segnare un -0,1%, da un export che nel 2013 è cresciuto del 5,62% (la quota di export è così salita al 34%, con 46.000 tonnellate in più), da consumi interni in crescita dello 0,2% mentre sono apparsi in flessione tutti i formaggi duri, fino a scorte sensibilmente in calo dal settembre fino al gennaio scorso e leggermente in ripresa a febbraio per l’allungarsi del periodo di stagionatura.
“Il ‘quanto’ produrre – ha detto Alai – lo abbiamo già stabilito, così come il ‘come’ (con un disciplinare sempre più rigido nei vincoli con il territorio sia per la produzione che il confezionamento): oggi siamo impegnati su quali mercati e quali consumatori, con azioni specifiche sulla comunicazione (sempre più orientata sulle caratteristiche del prodotto e su testing in store piuttosto che su una notorietà ampiamente acquisita) e su nuovi accordi commerciali”.
Fra questi spiccano quelli orientati al rafforzamento dell’export, con l’obiettivo di raggiungere una quota del 50% nei prossimi cinque anni.
Nascono da qui – ha ricordato Alai – gli accordi con gli esportatori italiani e, al tempo stesso, ile nuove intese con la grande distribuzione estera, che può offrire ai consumatori stranieri un prodotto naturale a condizioni accessibili, evitando speculazioni sui prezzi che limiterebbero inevitabilmente un consumo diffuso.
Su queste linee di rafforzamento dell’export sarà fondamentale – ha osservato Alai – l’esito della pressione che la Ue sta esercitando sugli Stati Uniti, nell’ambito degli accordi sul libero scambio, affinché sia cambiata una legislazione americana che ammette la produzione di formaggi con denominazioni simili a quelle del parmigiano reggiano (e tra queste anche “parmesan”). “Una battaglia –ha concluso Alai davanti ai rappresentanti di oltre 200 caseifici – che va sostenuta incisivamente, perché è con questi nuovi accordi diplomatici che si può raggiungere un obiettivo altrimenti impensabile”.