L’agroalimentare italiano è sempre più preda di truffe e adultarazioni, che offuscano uno dei pochi settori di punta del tessuto economico italiano, con una crescente propensione all’export che in segmenti quali il vino, ad esempio, superano ormai il 50% della produzione. La Food valley parmense è stata teatro dell’ultimo fatto sconcertante, che dovrebbe far riflettere in sede governativa su questa situazione di crescente disagio. Le indagini della procura di Parma su partite di latte contenenti aflatossine hanno partato al sequestro di 2402 forme di formaggio e all’arresto di quattro persone su 63 indagati in totale. Tra i quattro c’è anche Sandro Sandri, direttore del Centro servizi per l’agroalimentare, un centro molto conosciuto nel settore caseario per la sua attività di analisi delle materie prime e dei prodotti finiti. Le forme non erano ancora arrivate al consumatore, ma è stata solo la tempestività dei Carabinieri dei Nas a evitare la loro distribuzione al dettaglio. Le indagini hanno interessato ben 13 caseifici dove, secondo gli inquirenti, finiva il latte adulterato che passava i controlli solo grazie alle analisi contraffatte del centro guidato da Sandri. E tutto questo quando si era da poco spento l’eco dell’arresto del direttore del Consorzio del parmigiano reggiano Riccardo Deserti.
Ma le miserie del settore agroalimentare non si fermano alla food valley padana: un’operazione coordinata sempre dai Nas, ma di Perugia, ha fermato un’organizzazione a delinquere finalizzata all’illecita commercializzazione di bovini infetti, con marchi auricolari contraffatti e dichiarati falsamente di razza pregiata. Sono stati sequestrati allevamenti di bovini vivi per un valore stimato di circa quattro milioni di euro in un operazione che spaventa per la vastità territoriale che interessava: 21 province di 12 regioni d’Italia. Gli indagati comprendono sia allevatori, sia veterinari, che autotrasportatori, mentre i capi abbattuti, perchè malati, sono stati circa 500.
Casi isolati? Purtroppo no, rileva la Coldiretti, basandosi sui dati dei Nas. Dal 2007 al 2013 le frodi a tavola sono aumentate del 248 per cento. Un incremento record che in parte sconta anche i controlli più incisivi che fanno emergere irregolarità mai emerse prima, ma che sono anche il frutto di una maggiore propensione all’illecito. Nel 2013 i sequestri di beni e prodotti hanno raggiunto il controvalore di 441 milioni di euro, soprattutto con riferimento a prodotti base dell’alimentazione come la carne (25% del totale), farine pane e pasta (15%), latte e derivati (9%), vino ed alcolici (7%), ma anche in misura rilevante alla ristorazione (18%).