Emissioni di lungo termine e con evidenze scientifiche” è già un bel successo. Se a dare la definizione è la ong Oxfam (ripresa da The Guardian), impegnata per combattere la fame nel mondo, il riconoscimento è ancora più autentico. E a ottenerlo è stata General Mills, la multinazionale americana titolare dei brand Cheerios, Green Giant, Nature Valley, Pillsbury, Betty Crocker e Progressive. All’indomani dell’appello di Oxfam alle aziende alimentari a prendere posizioni più fattive contro il cambiamento climatico, General Mills – 17,9 miliardi di dollari di fatturato a livello globale – ha annunciato sul proprio sito Internet un cambio di strategia, ponendosi l’obiettivo di contribuire a contenere l’innalzamento delle temperature globali sotto i 2° C. E se la maggior parte delle aziende, almeno nei primi passi, si focalizza sulle proprie operations, General Mills ha da subito incluso negli obiettivi anche i principali fornitori, dal momento che due terzi dei gas serra e il 99% dei consumi d’acqua avvengono a monte della sua filiera produttiva. E questo significa doversi occupare dell’origine sostenibile – negli anni a venire – di cacao vaniglia, olio di palma nei paesi in via di sviluppo, e di avena, grano e barbabietole da zucchero in Nord America.
Senza dimenticare le condizioni di lavoro in alcuni paesi, per rendere la filiera sostenibile non solo a livello ambientale, ma anche sociale.
E come ulteriore ufficializzazione della propria nuova policy, General Mills intende aderire (come già Nike, Starbucks, Timberland e Unilever) al Bicep (Business for Innovative Climate & Energy Policy), una lobby anti-cambiamento climatico. Atto tutt’altro che scontato visto che molte multinazionali esitano a prendere aperta posizione sul tema. Insomma, il guanto di sfida al principale competitor Kellogg’s sembra lanciato sul campo aperto della sostenibilità…tanto che Oxfam ha colto la palla al balzo, e non ha esitato un istante a chiedere un analogo impegno etico al big player.