Fame, gioco o semplicemente gola? Con i bambini è difficile capire se un reale appetito sia la motivazione che spinge a mangiare tanto o se, come spesso accade, anche lo stare a tavola diventa un gioco: chi ha il piatto più pieno? Chi mangia di più?
Spesso però è un gioco che non fa affatto bene, soprattutto in termini di sovrappeso: riempire il piatto dei piccoli, infatti, li spingerebbe inconsapevolmente a mangiare più di quanto in realtà necessitino. A confermarlo i risultati una ricerca condotta dal Centre For Obesity Reasearch and Education della Temple University di Philadelphia che conferma il ruolo determinante della vista a tavola.
Lo studio effettuato su un campione di bambini di etnie diverse tra i 4 e i 6 anni ha dimostrato come, di fronte ad una quantità di cibo abbondante, si tende a eccedere più facilmente assumendo porzioni fuori dalla normale portata, riempiendo il piatto del 40% in più. Non solo: i bambini che avevano a disposizione un cucchiaio tre volte più grande rispetto alla norma hanno ugualmente ecceduto in quantità.
Questa ricerca pone l’accento sull’importanza della trasmissione delle buone abitudini a tavola anche in termini di quantità e qui dunque entra in gioco il ruolo fondamentale del genitore. Un secondo studio infatti pubblicato sull’American Journal of Clinical Nutrition, mette in evidenza come gli stessi mamma e papà che tendono ad abbondare con le proprie porzioni, tenderanno anche ad offrire più del necessario anche ai loro figli.
A confermare i dati della ricerca gli ultimi dati dell’Osservatorio Nestlé – Fondazione Adi secondo i quali solo il 54% degli intervistati dichiara di fare sempre o spesso attenzione alle porzioni. Il restante 46% infatti, dichiara di farlo qualche volta, raramente o addirittura mai.
“Sempre secondo quanto raccolto dall’Osservatorio”, commenta Giuseppe Fatati, presidente della Fondazione Adi e coordinatore scientifico dello studio, “non solo vi è una disattenzione alla quantità realmente presente nel piatto, ma emerge anche come gli alimenti maggiormente consumati, soprattutto dalle persone obese o in sovrappeso siano proprio pane pasta, carne, riso, formaggi e salumi. Sembrerebbe esserci una maggiore attenzione per la quantità rispetto alla qualità. Questo dato conferma che il contesto socio culturale e il vissuto soggettivo può modificare o subire in modo eccessivo il gusto che è una caratteristica geneticamente determinata.
I risultati dello studio dimostrano anche che ben il 79% degli intervistati ritiene il proprio piatto molto o abbastanza pieno. Le percentuali si alzano ancora di più se si considera il campione di obesi (85%) e di persone in sovrappeso (87%).
La percezione delle porzioni è soggettiva o può essere definita in modo univoco? Certamente la quantità del cibo che consumiamo è uno dei fattori determinanti all’interno di uno stile di vita sano e di una dieta equilibrata. Spesso, tuttavia si ha una percezione distorta delle quantità e le conseguenze che ne derivano in termini di sovrappeso, lo confermano.
“Per insegnare ai propri figli a nutrirsi, quindi, bisogna prima che gli stessi genitori inizino a familiarizzare con porzioni più adatte alle proprie esigenze. Prevenire problemi di peso legati all’alimentazione è possibile se si parte dai piccoli gesti come questi: è fondamentale educare i più piccoli ad alimentarsi bene e con quantità giuste. E non solo. Così facendo si trasmette ai più piccoli anche un altro buon insegnamento: il cibo non va sprecato.” commenta Fatati.
In poche parole, limitando gli eccessi si sta meglio con se stessi e certamente si fa felice anche il portafoglio. Una strada alternativa per affrontare la crisi…