Dagli Stati Uniti alla Germania, dal Regno Unito al Giappone, l’export del grana padano ha resistito anche negli anni più bui della crisi. Fra il 2008 e il 2013, secondo le stime fornite dalla Coldiretti, le forme vendute all’estero sono aumentate di quasi il 32%, passando da un milione e 152 mila a oltre un milione e mezzo, per un giro d’affari d’affari di 787 milioni di euro con una crescita del 41% dai 558 milioni del 2008. E i primi quattro mesi del 2014 hanno fatto registrare un ulteriore progresso dell’8% sulle quantità esportate.
Nel quinquennio della crisi l’export ha raggiunto punte del 43% verso la Germania, di circa il 36% in Giappone, del 62% sull’area Benelux (Belgio, Olanda e Lussemburgo).
Ma se il Nord Europa e gli Stati Uniti rappresentano mercati maturi, i Paesi più dinamici che stanno iniziando ad apprezzare il grana padano dop spaziano dalla Cina al Mozambico, dalla Nuova Zelanda all’Arabia Saudita, dall’Algeria alla Russia. Anche se proprio il blocco delle importazioni deciso da Putin come ritorsione per la crisi ucraina è uno dei fattori, non l’unico, che sta causando uno scivolamento delle quotazioni: dai 6,80 euro al chilo di agosto (per la stagionatura a 9 mesi) ai 6,50 euro di ottobre, per una contrazione del 4,4% in tre mesi e contro i 7,20 euro al chilo dello stesso periodo dello scorso anno.