Casa Vinicola Zonin aggiunge un altro tassello al suo percorso di sviluppo internazionale: sarà operativa da gennaio la società di importazione e di distribuzione in Cina. “Avremmo dovuto avviare l’attività in autunno, ma la burocrazia cinese non ha nulla da invidiare a quella italiana” rivela a Foodweb Massimo Tuzzi, direttore generale e internazionale di Casa Vinicola Zonin. La controllata cinese si aggiunge a quelle americana e inglese, di cui è amministratore lo stesso Tuzzi, e contribuirà al raggiungimento dell’obiettivo che il gruppo di Gambellara (Vi) si è dato per i prossimi tre-cinque anni: un fatturato di 200 milioni di euro a fronte dei 154 milioni registrati nel 2013. “Nell’immediato i valori assoluti del giro d’affari realizzato in Cina saranno bassi – precisa Tuzzi – ma con questa mossa ci prepariamo a cogliere le opportunità di crescita quando si presenteranno. Personalmente non credo che la Cina sia il nuovo Eldorado del vino, e tanto meno penso che potrà soppiantare il mercato Usa che, a dispetto delle dimensioni raggiunte, vede aumentare il numero di consumatori e registra dinamiche di trading up, quindi con più acquisti e di migliore qualità. In Cina la svolta ci sarà quando bere vino diventerà una consuetudine non solo di chi ha grandi possibilità economiche e ha occasione di girare il mondo e conoscere prodotti e stili di consumo differenti. Penso al ceto medio delle città di seconda e terza fascia, quelle cioè in cui non c’è neanche una forte comunità di residenti stranieri, che invece nelle principali metropoli sono all’origine di una quota importante degli acquisiti di vino”.
Zonin ha realizzato degli studi approfonditi sul consumatore cinese, che attualmente privilegia il prodotto locale: “I volumi complessivi sono diventati importanti – ammette Tuzzi – ma l’83% del mercato è appannaggio di vini cinesi. Un dato che impone una riflessione e rende del tutto inadeguata la strategia classica dei produttori italiani che pensano di poter vendere le loro etichette insegnando che il vino bianco si beve con il pesce, quello rosso con la carne e via di questo passo. L’errore di fondo è non voler capire che il consumatore che ordina in un ristorante di Seattle una bottiglia da 50 dollari ha aspettative diverse rispetto a chi ne ordina una dello stesso prezzo a Stoccolma per esempio o a Shanghai nella fattispecie. L’idea di andare ovunque nel mondo con lo stesso prodotto e un posizionamento identico funziona solo per le piccole aziende vinicole, mentre tutte le altre devono comprendere il mercato e adattare la propria strategia di conseguenza”.
Una filosofia che per Zonin si tradurrà nel lancio di tre vini specificamente realizzati per la Cina: “Si tratta di un bianco e di un rosso che costeranno 16-17 euro – anticipa Tuzzi – cui affiancheremo un altro rosso più importante, con un posizionamento attorno ai 30 euro”.