S Group, perché conviene restare in Russia

Il ceo del retailer finlandese spiega tre motivi per investire nel Paese, nonostante l’embargo e le ritorsioni del Cremlino
S Group, perché conviene restare in Russia

Non hanno la fama di inguaribili ottimisti, né sono notoriamente amanti del rischio estremo negli affari. Eppure, la loro voce sull’opportunità di investire in Russia, nonostante le pesanti limitazioni, è senz’altro fuori dal coro. Per i finlandesi di S-Group, infatti, ci sono almeno tre validi motivi per continuare a consolidare la presenza in terra russa, anche con il divieto di importare prodotti alimentari dall’Unione Europea. Lo ha dichiarato Taavi Heikkilä, amministratore delegato del retailer, tra i protagonisti del mercato nel Paese scandinavo e presente nell’area di San Pietroburgo con venti store del brand Prisma, sette dei quali di grandi dimensioni. Secondo il ceo, dunque, la situazione contingente sta spingendo il player a rifornirsi localmente, risparmiando così sui costi di gestione e, nel contempo, permettendo alla catena di aumentare i volumi delle vendite. Inoltre, l’arena competitiva è ben diversa da quella finlandese e questo aspetto viene considerato come un’opportunità non secondaria per ampliare le esperienze, così da renderle poi utilizzabili anche in altri contesti. Infine,  Heikkilä ribadisce che gli utili derivanti dalle attività in Russia, comunque notevoli, sono una risorsa importante per finanziare il business in Finlandia, magari proponendo prezzi più concorrenziali. Del resto, nonostante le restrizioni imposte dal Cremlino, il retailer stima di chiudere l’anno con un aumento delle vendite pari al 12%, raggiungendo un fatturato di circa 280 milioni di euro. E’ inevitabile, tuttavia, che i futuri piani di espansione dipenderanno molto anche dalla situazione politica. Oltre all’embargo e alle ritorsioni contro le multinazionali occidentali, con McDonald’s, Danone e PepsiCo su tutte, l’economia russa è infatti alle prese con una rapida svalutazione del rublo, che in un anno ha perso il 25% nei confronti del dollaro americano. Una dinamica che ha reso praticamente invendibili alcuni prodotto importati.

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