Mai come in questo momento si ha la sensazione che istituzioni, associazioni, consorzi convergano sulla necessità di far fare al nostro comparto agroalimentare qualche passo avanti in più. Nell’ottica di agganciare quel po’ di ripresa che inizia a intravedersi e di sfruttare l’enorme favore che il made in Italy sta godendo sui mercati internazionali, incrementando in modo importante la nostra quota di export. Va da sé che alla base di un serio processo di crescita debba esserci un ripensamento di tutti quei processi che possono consentire alle imprese di recuperare efficienza e quindi competitività. In pole position, tra i processi da migliorare quello della supply chain, che nelle imprese agroalimentari italiane ha ancora parecchi margini di miglioramento. A rivelarlo una bella ricerca condotta da Gea-Asset, che è stata presentata ieri presso le Fiere di Parma davanti a oltre 200 rappresentanti dell’industria del food&beverage. I dati sono stati al centro di un dibattito moderato da Food, nel quale sono intervenuti i responsabili supply chain di Barilla (Antonio Copercini), Grandi Salumifici Italiani (Ivano Poli) e San Benedetto (Danilo Vaccaro).
Di seguito una sintesi con i dati più significativi emersi dall’indagine:
Il campione
L’indagine GEA-ASSET ha preso in considerazione un campione selezionato di 30 aziende italiane -rappresentativo di tutte le categorie merceologiche dell’industria alimentare e di diversi livelli di grandezza e fatturato – analizzandone l’assetto organizzativo (dipendenze gerarchiche, responsabilità operative e gestionali, momenti di condivisione interna delle informazioni), le performance (livello di servizio erogato e impegno del capitale circolante) e le prassi adottate nella gestione dei processi di demand management e operations planning, nonché gli strumenti informativi a supporto.
I risultati
I risultati dell’indagine evidenziano come la necessità di ripensare i processi di pianificazione e gestione della domanda e delle operations sia un tema particolarmente sentito tra le imprese dell’alimentare italiano. Solo un terzo degli intervistati, infatti, si ritiene soddisfatto dei processi adottati attualmente dalla propria azienda e il 50% conferma di avere intrapreso una revisione di tali procedure, concentrandosi soprattutto sul demand management.
Di fronte alla diffusa incapacità di realizzare previsioni oculate, la grande maggioranza delle imprese sopperisce alla difficoltà di anticipare la domanda affrontando il mercato in ottica perlopiù reattiva. Se, da un lato, solo il 25% degli intervistati ritiene di avere una buona accuratezza delle forecast, dall’altro più dell’80% sostiene di avere performance eccellenti nella flessibilità di risposta al cliente, pagando tuttavia un costo elevato in termini di efficienza interna e di impegno di capitale circolante. Questa elevata variabilità e scarsa prevedibilità della domanda impatta fortemente sulle attività di pianificazione e sui processi produttivi, tanto che meno di un quarto delle aziende del campione riesce ad avere più di una settimana di orizzonte congelato.
Guardando agli aspetti che ad oggi contribuiscono a rendere soddisfatti il 30% dei rispondenti in materia di demand planning, a fare la differenza sono la raccolta di più informazioni bottom-up dalla forza vendita e sulle promozioni dei clienti (nel 90% dei casi), una maggiore frequenza di aggiornamento delle previsioni (più che mensile per il 65%) e l’utilizzo di algoritmi a supporto (75%). Aspetti che si riflettono anche sulle aziende più soddisfatte del proprio operations planning che, potendo contare su una buona accuratezza previsionale della domanda (63% degli intervistati) riescono a garantire alla produzione un orizzonte congelato (nel 75% dei casi) e, quindi, a limitare al minimo le inefficienze, pur rivedendo spesso i piani.
Il quadro complessivo che emerge dall’indagine GEA-ASSET sul food italiano è quindi quello di un settore in cui è sempre più forte l’esigenza di evolvere verso nuove prassi virtuose, che favoriscano l’adozione di un unico processo integrato di Sales & Operations planning, basato: un ascolto più attento del mercato e dell’azienda stessa, per raccogliere le informazioni utili al processo su vari fronti, con rapidità e precisione; una maggiore collaborazione, sia tra le diverse funzioni aziendali sia verso l’esterno, con clienti e fornitori; una misurazione più efficace delle performance del processo e un nuovo approccio all’innovazione, che sappia guardare ad esempi eccellenti anche fuori dal proprio settore, per ripensare a proprio vantaggio le regole del gioco.
Sul prossimo numero di Food, tutti i dati della ricerca, le case history di San Benedetto, Barilla, Gsi, interviste ai partner di Gea e Asset: non perdetelo!