Parmacotto, fornitori e banche diventeranno azionisti

La società ha presentato il piano, che non prevede al momento una cessione degli asset a concorrenti industriali. I fornitori saranno azionisti e tenteranno il rilancio
Parmacotto, fornitori e banche diventeranno azionisti

Parmacotto non sarà ceduta a nessun concorrente industriale, almeno per il momento. Questa è la novità più interessante che emerge dal deposito del piano di rilancio avvenuto oggi, che dovrà adesso essere vagliato dai due curatori nominati dal tribunale di Parma. La società della famiglia Rosi, si ricorderà, era finita in concordato preventivo lo scorso novembre 2014, chiesto per evitare l’avvio di una procedura concorsuale più pesante e oggi era l’ultimo giorno utile per presentare il piano.

La strada scelta dalla proprietà è quella di una continuità gestionale che sarà permessa dalla conversione di parte dei crediti in nuove azioni. In sostanza, per le poche e frammentarie notizie che si apprendono in questo momento, le maggiori banche e i fornitori diventeranno azionisti della società mettendo quasi certamente in minoranza i Rosi. Il piano prevede anche l’iniezione di capitali freschi utili al tentativo di un rilancio dell’attività, che sarà comunque ridimensionata. Dei due stabilimenti, che occupano i 200 dipendenti, il maggiore dovrebbe essere progressivamente abbandonato per essere o fermato o dato in affitto ad altre società interessate, mentre l’attività propria continuerà ad essere svolta in quello minore. Il piano sarà adesso vagliato dai curatori, i quali dovranno poi relazionare il tribunale sulla sua fattibilità per ottenere l’omologa.

Secondo quanto aveva riportato il Corriere della Sera lo scorso gennaio, sulla sola capogruppo gravavano a fine 2013 debiti lordi per 132,1 milioni di euro, di cui circa 40 con i fornitori. Nomi come Santino Levoni, produttore di insaccati, Felsinea e Imo. Il resto sono istituti e intermediari finanziari, che hanno 75 milioni di esposizione e, spiega sempre il Corriere, margine del tavolo negoziale c’è anche il debito verso Unicredit in capo a Cofirm, la finanziaria dei Rosi che controlla il 51% dell’azienda parmense.

Negli ultimi giorni si era ipotizzato che la Citterio potesse acquisire l’azienda, ma così non sarà al momento. Altri nomi circolati erano quelli della Levoni (in virtù dei crediti), di Amadori, ma per il momento resteranno tutti a bocca asciutta.

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