Una delle sorprendenti risultanze della ricerca realizzata da Doxa per conto di Coop attrverso 6.400 interviste a persone tra i 18 e i 54 anni di età di otto Paesi (Italia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti, Brasile, Russia, India, Cina) è la disponibilità di una larga fetta di italiani – il 44% – a nutrirsi in futuro di formiche e simili. Una fotografia delle aspettative legate al cibo da qui al 2050, che rivela innanzitutto come la globalizzazione sta conquistando il suo posto a tavola: le differenze culturali in campo alimentare esistono e sono ancora marcate, ma vanno sfumandosi nel futuro con forti e imprevedibili allineamenti, in particolar modo quando si affronta il tema delle paure legate al cibo.
Trasversale è la consapevolezza del cambiamento che ci attende: solo il 2% del campione afferma che il cibo tra 30 anni non cambierà per niente, per il 46% invece sarà molto diverso, per il 18% radicalmente diverso e per la rimanente parte (un buon 34%) comunque cambierà anche se solo in parte.
“Secondo i consumatori, il cibo di domani sarà manipolato dalla tecnologia – spiega Albino Russo, direttore dell’Ufficio Studi di Coop – certamente pratico e veloce, nutrizionalmente bilanciato e si rafforzeranno stili alimentari globali. In questo i consumatori dimostrano un’inaspettata disponibilità al cambiamento, peraltro trasversale ai diversi contesti nazionali. L’80% degli intervistati non ha preclusione a cibarsi di alghe, il 75% accetta il cibo prodotto in laboratorio. Più della metà del campione inoltre si dichiara disponibile a mangiare la carne sintetica e gli insetti: i più eclettici e inclini al cambiamento sono gli indiani, i cinesi e i brasiliani, ma anche un 70% di italiani potrebbe provare il cibo in pillole e il 44% dei nostri connazionali non si tirerebbe indietro di fronte a un insetto”.
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Albino Russo from Gruppo Food on Vimeo.