Aiipa, l’export è il motore della crescita

Le esportazioni spingono i fatturati delle industrie associate che ieri hanno eletto il nuovo presidente: Cesare Ponti passa la mano a Marco Lavazza
Aiipa, l’export è il motore della crescita

La partita dell’agroalimentare italiano si gioca sempre di più in trasferta. Nuove conferme arrivano dai dati consuntivi diffusi in occasione dell’assemblea annuale di Aiipa-Associazione Italiana Industrie Prodotti Alimentari dai quali emerge che il contributo delle esportazioni sul fatturato delle imprese associate è stato determinante: su ricavi che nel 2014 hanno toccato complessivamente 18,1 miliardi di euro, registrando una crescita dell’1,6%, quelli sviluppati sui mercati esteri hanno sfiorato i 5 miliardi, con un incremento del +3,9% rispetto all’anno precedente.

Nel corso dell’assemblea, dove è stato ufficializzato il passaggio di consegne da Cesare Ponti a Marco Lavazza al vertice dell’associazione sono stati presentati anche i dati dei singoli comparti rappresentati: il caffè è il settore che sta crescendo di più oltreconfine (+7,6% nel 2014 a fronte di 1,140 miliardi di euro di fatturato), ma stanno performando bene anche i prodotti vegetali, che rappresentano il settore con la maggior incidenza sui mercati esteri (2,436 miliardi di euro in crescita del 5,6%).

Al netto di tali performance positive, emerge comunque la necessità di avvicinarci di più ai Paesi competitor che hanno una maggiore vocazione all’internazionalizzazione e che registrano fatturati nettamente superiori ai nostri: “L’Italia porta all’estero solo il 20,5% del fatturato alimentare, contro il 33% della Germania e il 27% della Francia” ha dichiarato nel corso dell’assemblea il presidente uscente Cesare Ponti, che invoca una maggiore unità d’intenti tra imprese e istituzioni per portare il valore delle esportazioni ai livelli dei nostri concorrenti, così come il suo successore Marco Lavazza  si auspica, grazie alla nuova nomina,  di “aiutare il sistema industriale italiano e, quindi Confindustria a Federalimentare, a lavorare insieme in modo costruttivo”.

Obiettivi che oggi sono più facilmente perseguibili grazie al Piano Straordinario per il Made in Italy voluto dal Governo italiano che ha stanziato per la valorizzazione e la promozione dell’agrifood italiano circa 70 milioni di euro “quando la media dei Governi precedenti si aggirava intorno ai 5-6 milioni” come ha puntualizzato il viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda intervenuto al telefono in apertura di assemblea proprio per ribadire il sostegno delle istituzioni a uno dei settori chiave dell’economia nazionale. “Il tema dell’internazionalizzazione – ha proseguito Calenda – è cruciale per il settore agroalimentare, che sconta una propensione all’export ancora bassa a causa delle elevate barriere tariffarie e non tariffarie e della scarsa presenza dei prodotti italiani nelle catene distributive all’estero”. Nel frattempo procede il dialogo con gli Stati Uniti grazie al Ttip, che in questo momento rappresenta il trattato più strategico per la crescita del nostro export, ma anche con altri paesi che possono diventare partner di rilievo per gli scambi commerciali con l’Italia, come il Vietnam con il quale è stato da poco ufficializzato il primo accordo di libero scambio.

Del resto se “il nostro mercato domestico è il mondo” – come ha ricordato Ponti nel suo discorso di apertura – i Paesi da esplorare sono ancora tanti: “Almeno 200” secondo Enrico Valdani, docente di Economia e gestione aziendale all’Università Bocconi, che ha riportato un dato un po’ allarmante, ovvero che tra le imprese italiane che esportano “il 15% di queste una volta entrato nei mercati internazionali incontra difficoltà oggettive nel perseguire strategie efficaci, con la conseguente interruzione di relazioni commerciali all’estero”.

Maurizio Tamagnini, amministratore delegato del Fondo Strategico Italiano (il fondo sovrano tricolore controllato al 77,7%  dalla Cassa Depositi e Prestiti) individua nel nanismo delle imprese italiane del food & beverage il maggior freno allo sviluppo delle esportazioni agroalimentari, ribadendo che: “Per incrementare l’export è importante aumentare la dimensione aziendale”. Dopo l’operazione Inalca del gruppo Cremonini il Fondo sta valutando possibilità di ulteriori ingressi nel capitale di aziende attive nel settore alimentare fornendo a tali imprese “carburante per la crescita e la competitività”.

Oltre al tema dell’internazionalizzazione, nel corso dell’incontro – che ha visto la partecipazione anche di importanti esponenti del mondo dell’industria come Francesco Mutti, ad di Mutti, Antonio Cellie, ad di Fiere di Parma, e Luigi Sordamaglia, presidente di Federalimentare – Cesare Ponti ha ricordato anche “l’importanza di rilanciare la domanda interna ancora debole” auspicando che il Governo blocchi l’incremento dell’Iva previsto tra il 2016 e il 2018 dalla Legge di Stabilità 2015 con la Clausola Salvaguardia, che provocherebbe secondo Ponti “ricadute pesanti sulle imprese e sull’economia del Paese”. E che il trend dei consumi sul mercato interno sia ancora debole lo ha rimarcato anche Marco Pedroni, presidente di Coop Italia intervenendo dalla platea: “La domanda interna di beni di largo consumo – ha detto il retailer – soffre:  vorrei ricordare che dal 2008 a oggi abbiamo perso 13 punti di potere di acquisto e ne abbiamo recuperato solo lo 0,5%: i consumatori hanno speso 6 miliardi di euro in meno negli ultimi quattro anni e di questi oltre 2 miliardi rappresentano riduzione di acquisto”.  Il tema centrale di cui gli operatori del settore devono farsi carico è riuscire a rendere accessibile cibo buono e sicuro a tutti, perché non è accettabile secondo il numero uno di Coop che: “Il cibo di qualità sia destinato solo a una fascia della popolazione”. L’industria e la distribuzione in altre parole devono lavorare per competere come Paese su questi valori per non tirare la volata all’omologazione e alla banalizzazione dell’offerta.

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