La Valpolicella dell’amarone rilancia sulla Toscana del brunello di Montalcino. La Allegrini di Fiumane di Valpolicella, territorio della provincia di Verona, ha acquisito dall’ex socio Leonardo Lo Cascio il 50% che le mancava della azienda agricola San Polo di Montalcino, 22 ettari di cui 16 vitati nella favorevole zona sud est del territorio comunale e otto registrati a brunello, prodotto dal 2014 con metodo biologico. Lo scorso marzo di quest’anno era stata la Tommasi di Pedemonte di Valpolicella a comprare la Fattoria Casisano Colombaio, 22 ettari di vigneto su 53 in totale.
Il controvalore dell’acquisto di Allegrini non è stato reso noto ma ultime stime elaborate da Winenews parlano comunque di un valore compreso tra 250 e 350 mila euro per ogni ettaro di vigna registrata a brunello. Il calcolo del controvalore delle quote cedute non ha ovviamente una base così lineare perché bisogna tenere contro di tutti gli altri asset, in primis la cantina, oltre che di un premio per avere la totalità delle azioni.
“Questo ulteriore investimento conferma il mio legame con una terra che adoro e che rispetto. Mi piacciono vini importanti ed i territori che racchiudono una forte identità. Credo che Montalcino possa fare ancora molto per contribuire alla crescita del vino italiano nel mondo” ha commentato Marilisa Allegrini, che guida l’azienda di famiglia e che ha scelto di rilanciare sul brunello proprio dopo un 2014 molto difficile per questo importante vino della tradizione toscana. La scorsa estate, fredda e piovosa, aveva impedito alle uve una piena e completa maturazione, tanto che il Consorzio aveva assegnato il punteggio tre stelle (su cinque) alla vendemmia 2014, uno score appena sufficiente e una etichetta importante come Bondi Santi aveva annunciato di non voler produrre il famoso vino per quell’annata. Chissà se questo caldissimo 2015 permetterà una produzione eccellente.
Sempre nel settembre 2014 era scoppiato a Montalcino il caso dei falsi docg, nato con il sequestro di 160 mila litri di vino (220mila bottiglie equivalenti) che per metà stava per essere imbottigliato come brunello e la restante parte come rosso, ma era vino ben più ordinario. Un blitz da cui era nata un’inchiesta della procura di Siena che non si è ancora chiusa. Non è la prima volta che capitano scandali del genere in quel territorio, ma la forza della denominazione sembra essere tale che il 2015 è iniziato ancora con un vento positivo per le esportazioni, secondo le prime indicazioni dell’Ismea.