Il cibo biologico sta diventando sempre più parte della cultura alimentare degli italiani, e non solo ovviamente. Secondo le rilevazioni di Coldiretti, presentate al Sana di Bologna, gli acquisti di cibo bio sono arrivati a 2,5 miliardi di euro, con una progressione su base annuale del 20 per cento. Tassi di crescita inimmaginabili per le vendite di cibo “generico”, che ormai viaggia su trend assolutamente stabili di fatturato, se non leggermente cedenti nei periodi di crisi. La grande distribuzione è sicuramente della partita: il disinteresse iniziale ha lasciato il posto a una presenza sempre più capillare tra le varie categorie merceologiche e l’Ismea stima che le vendite in gdo abbiano passato gli 850 milioni annui, contribuendo per un buon 30% del totale.
Per il bio è quindi un momento d’oro anche in Italia, anche se i numeri sono ancora quelli di una nicchia evoluta, ma il nostro mercato ha scoperto più tardi di altri il mangiar senza pesticidi e fertilizzanti chimici: in Paesi come la Germania è infatti sbocciato ben prima, a causa probabilmente della maggiore attenzione dei tedeschi verso le tematiche di sostenibilità ambientali e green più in generale. Ma il trend si sta consolidando di anno in anno grazie ad una quota sempre crescente di famiglie che decidono di sostituire cibo tradizionale con prodotti bio, e anche il vino è diventato sensibile a questa novelle vague nelle abitudini alimentari. Anzi, l’Italia è leader mondiale nei vini biologici e ormai l’11% della superficie vitata (Sicilia, Puglia e Toscana le prime tre regioni) ha queste caratteristiche, con 1300 cantine bio certificate che vinificano 4,5 milioni di ettolitri l’anno. I tassi di crescita del consumo di vini bio sono decisamente buoni e superiori al 5% l’anno in un mercato in lenta ma costante decrescita da anni. Anche l’export non è da meno e, ad esempio, una bottiglia su tre di vino bio che entra negli Stati Uniti è italiana. “La qualità del vino bio in questi ultimi anni è nettamente aumentata a detta di esperti enologi e consumatori – afferma Vincenzo Vizioli, presidente Aiab, Associazione italiana agricoltura biologica – basti pensare che il 49% dei consumatori ritiene che sia di qualita’ superiore rispetto ai convenzionali’”.
Tutto il movimento del bio trova terreno fertile nell’export: nel 2014 le vendite oltreconfine di prodotti agroalimentari di questa tipologia sono state pari a 1,4 miliardi di euro (+12,7%). Dal 2008 la crescita è stata del 337%. Numeri dell’Osservatorio Sana curato da Nomisma. La propensione all’export delle aziende bio è forte: il 24% del fatturato raggiunge i mercati internazionali, a fronte di un 18% medio delle aziende agroalimentari italiane. L’80% delle 150 imprese studiate fa vendite all’estero. Forte crescita anche per gli espositori al Salone del biologico di Bologna: nel 2015 sono stati 700, in aumento del 25%, con un boom di buyer esteri accreditati. Ben il 45% in più che nella scorsa edizione, a confermare che il biologico è forse il settore sul quali più di tutti – produttori e trasformatori – devono puntare per allargare i confini delle loro vendite. Del resto, ci sono enormi mercati quali Cina e India che chiedono cibo sicuro per fronteggiare gli scandali alimentari periodici, e il bio più essere una risposta di valore a questi bisogni. L’importante è non rovinare questi trend con eventuali pecche nostrane nelle certificazioni e controlli.