Il solito testimonial? No grazie

Alcune campagne dimostrano che anche una buona scelta del testimonial richiede una certa dose di creatività. E spesso rompere gli schemi risulta vincente
Il solito testimonial? No grazie

Nel nostro inglese casereccio, vengono chiamati ‘testimonial’. In realtà, testimonial non è la persona famosa o meno che appare
nel vostro spot, ma è quello che la persona dice: testimonial, uguale ‘testimonianza’. Se ci si riferisce al personaggio è più corretto parlare di testimone, o se si vuole restare nell’inglese, di endorser.
Si è ripetuto spesso negli anni che il testimonial è un ‘acceleratore’ per la marca: in realtà, a volte, si ricorre al personaggio quando non si sa dove sbattere la testa. Gli esempi che seguono dimostrano che anche una buona scelta del testimonial richiede una certa dose di
creatività: o prendendone uno inaspettato, o inventandoselo. Una marca storica, istituzionale quasi, come British Butter, ossia Burro Britannico, ha scelto qualche anno fa come testimonial Johnny Lydon, più noto come Johnny Rotten (Giovannino il Marcio), cantante dei Sex Pistols: quelli che nel 1977 furono alfieri del Punk, diventarono
famosi con il loro inno anti-establishment, antimonarchia, anti-tutto God Save the Queen, ricordate? Per questo risulta ancora più curioso che un prodotto che si presenta quasi come “burro di stato” scelga un
iconoclasta come il vecchio Johnny. Ma appunto, il vecchio Johnny. Si ha l’impressione che anche i Sex Pistols, proprio come il burro, la campagna, le pecore che bloccano i viottoli, le bandierine con
l’Union Jack ecc. in realtà ormai facciano parte della tradizione, siano una cara nota faccia della vecchia Inghilterra. L’ex Rotten comunque è molto simpatico, prende in giro se stesso e l’Inghilterra tutta, dagli schermi tv e dall’affissione (che vedete riprodotta qui: la campagna è firmata Greey London) dichiara che non è questione di
Gran Bretagna, ma di Gran Burro. Non lo scelgo perché è inglese, ma perchè è buono. Il che, in un paese dove l’attenzione al prodotto nazionale (regionale e locale) è una mania, non è del tutto ovvio.

Un altro esempio, molto più recente, di testimonianza fuori dagli schemi ci è presentata dalla marca di zuppa istantanea Royco. La campagna è andata in onda nel Benelux, l’agenzia è la These Days Y&R di Anversa: evidentemente da quelle parti non si fa la pausa caffè
ma la pausa-zuppa, versando acqua calda e zuppa liofilizzata in una tazza. Ahimè. Ma torniamo alla campagna: il protagonista è un testimone fittizio, Roy, l’amministratore delegato di Royco, che ci ricorda quanto sia importante fare pausa durante il lavoro e
quindi è lui stesso a fomentare le interruzioni nella sua
stessa azienda. Il capo che tutti vorremmo avere: il suo motto è “Investi nella pausa: la pausa funziona” che in olandese letteralmente suona come “la pausa lavora”.

La campagna tv ha diversi soggetti, alcuni dei quali di pochi secondi, molto simpatici. Come si usa, è stata sviluppata anche sui social con la ‘Chek Out App’, imperdibile congegno che consente di segnalare a tutti i vostri contatti su Facebook che siete in pausa, siete irraggiungibili, non ci siete insomma. Chiunque usi quest’app diventa, suo malgrado, ‘testimone’ del prodotto, gratis. Grande successo, pare. Benissimo, è l’era di Internet. Ma anche questa volta, l’operazione è partita ed è stata fatta funzionare da una tradizionale e ben fatta campagna tv. Sarà un caso.

di Lorenzo Zordan e Roberto Scotti

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