Il dato deve far riflettere: l’annuale indice delle liberalizzazioni calcolato dall’Istituto Bruno Leoni colloca l’Italia a metà classifica nel confronto con i Paesi dell’Europa a 28, con un punteggio pari a 67 su 100. Davanti ci sono 12 Paesi, a partire dal Regno Unito (95) che serve ormai da benchmark europeo per quanto riguarda la liberalizzazione di molti settori, i Paesi Bassi (79), la Spagna e la Svezia (77) e a seguire Austria, Germania, Irlanda e Polonia.
Nonostante l’apertura dei mercati e l’incentivo alla concorrenza siano autentiche leve di stimolo per il rilancio e la crescita dell’economia, a più di sei anni dall’inizio della recessione l’Italia ha compiuto solo qualche piccolo, timido passo in avanti rispetto al 2009, l’anno in cui prese avvio la “grande congiuntura”.
Sulle liberalizzazione dei farmaci di fascia C, in discussione al Senato, Conad ha lanciato da tempo una petizione che sta incontrando il consenso dei cittadini.
“Un primo blocco di centomila firme sarà consegnato in tempi brevi alla presidenza del Consiglio – puntualizza l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese –, prima dell’avvio della discussione in Senato. Porteremo comunque avanti il nostro impegno anche in altre, opportune sedi”. L’obiettivo è sollecitare il governo a prevedere nel Ddl concorrenza la libera vendita di questi farmaci anche nelle parafarmacie.
Secondo la ricerca questa liberalizzazione potrebbe tradursi in un risparmio annuo per i cittadini compreso tra 450 e 890 milioni di euro (applicando uno sconto tra il 15 e il 30%), considerando che i farmaci di fascia C – con obbligo di ricetta medica (bianca) e non rimborsabili dal SSN – hanno un prezzo medio di 11,8 euro, 3,7 euro più elevato rispetto a quello dei farmaci senza obbligo di ricetta.