A seguito dell’opinione espressa sull’olio di oliva del 13 novembre e delle interessanti precisazioni ricevute da Luciano Scarselli, capo panel Comitato di Assaggio ASCOE siamo stimolati a fare altre considerazioni…
La prima. È crollato il mercato dell’olio extravergine italiano che esce dai frantoi. Il prezzo oggi varia da 3,5 a 4 euro al kg, quando solo due mesi fa costava anche 6 euro al kg ed era molto difficile da trovare. Il motivo è da ricercarsi nel buon raccolto delle olive in Italia e nella loro trasformazione in extravergine e vergine nei frantoi. La legge del mercato della domanda e dell’offerta vale sempre. Quest’anno poi l’olio italiano è uscito dai frantoi prima di quello spagnolo e di quello greco. In Italia, per politiche agricole sbagliate fatte in passato, si producono circa 300mila tonnellate di extravergine quando il consumo interno è pari al doppio. Non solo, siamo tra i più grandi esportatori di olio imbottigliato, che richiede altre 400mila tonnellate circa. Il fabbisogno della produzione italiana quindi non è sufficiente a coprire nemmeno la domanda interna. Per questo motivo ne importiamo più o meno due terzi. Da sempre l’olio greco e quello spagnolo costano meno di quello italiano, nonostante la qualità non sia inferiore.
La seconda. In Italia ci sono oli eccellenti, buoni e mediocri così come in Grecia e in Spagna. La diversità la fa il blending, cioè la miscela di oli diversi, e i brand delle aziende che imbottigliano e vendono le bottiglie. Il prezzo al consumo è influenzato spesso dalle promozioni (i volantini per il periodo natalizio sono già pronti da mesi) e da politiche commerciali delle diverse aziende presenti sul mercato. Le più grandi truffe non si trovano nel canale moderno, ma spesso nelle vendite dirette presso le aziende agricole, nei mercatini e presso gli ambulanti. I prezzi in questi punti vendita sono alle stelle e spesso, troppo spesso, si registrano truffe per la vendita di oli scaduti o non corrispondenti alle etichette. Molti consumatori sono convinti che solo pagando molto si riesce ad avere un prodotto di alta qualità. In molti casi è vero il contrario. Per non parlare poi delle date di scadenza e della produzione e conservazione di questi prodotti che non sempre rispecchiano le più elementari norme igieniche. Piccolo è bello, km zero, dal produttore al consumatore sono slogan di marketing che rispecchiano il vero solo se conoscete personalmente il produttore agricolo e il frantoio. In altri casi non si hanno garanzie. Anche se acquistati on line o presso un gruppo di acquisto. Anche i produttori non sono tutti uguali. Ci sono aziende serie e affidabili e sono la maggior parte, altre poco serie e poco affidabili. Ma le frodi in commercio sono controllate dai Nas dei carabinieri e dai laboratori dove operano gli esperti del Ministero dell’Agricoltura. Non può essere una rivista, un giornalista o i componenti di un blend test a decidere in modo alquanto soggettivo (e forse anche interessato?) la politica di questo settore, in particolare la comunicazione verso i consumatori.
La terza. Non è possibile affidarsi ai panel test per decidere se un olio di oliva è extravergine oppure no, anche se la legge vigente lo stabilisce come ha spiegato correttamente Scarselli. Servono analisi chimiche certificate e normative più chiare e restrittive. La conferma viene da una constatazione. Diverse industrie fanno analisi e controanalisi. Quelle organolettiche fatte nei panel test certificati non bastano: se effettuate sulle stesse bottiglie arrivano a risultati diversi a seconda che vengano fatte a Firenze, a Bari o a Milano. Una conferma, questa, della soggettività di queste analisi. Se si fanno a Firenze la bocciatura è assicurata se l’olio non è toscano. E questo perchè gli assaggiatori, che sono professionisti esperti e in buona fede, sono condizionati da quel gusto, da quel sapore tipico dell’olio toscano. Va cambiata la legge nell’interesse dei produttori e dei consumatori. Per fare chiarezza e avere regole certe e misurabili. Non sabbie mobili come quelle attuali, dove ogni sei mesi si grida allo scandalo. Le associazioni degli agricoltori e dei trasformatori non possono pensare di regolamentare un mercato che viceversa è influenzato dalla domanda e dall’offerta. Quest’ultima poi dipende dalle diverse stagioni che infuenzano i raccolti. Qualsiasi produttore potrebbe vedersi coinvolto e riportare danni irreparabili.
di Paolo Dalcò