I rumors esplosi un mese abbondante fa circa la messa in vendita di Birra Peroni da parte di SabMiller hanno trovato una prima importate conferma: il quotidiano giapponese Yomiuri Shimbun ha dato notizia di una possibile offerta da circa 400 miliardi di yen (3,12 miliardi di euro al cambio attuale) del produttore giapponese Asahi group holding per la società italiana e per la olandese Grolsch, altro famoso marchio messo in vendita dalla società di origine sudafricana. La decisione di cedere i due marchi è figlia, com’è noto, dall’accordo trovato con Anheuser Busch Inbev per l’integrazione che creerà il colosso mondiale delle “bionde”: Megabrew – così viene chiamato il nuovo conglomerato – vuol cedere alcuni marchi di importanza europea al fine di ottenere il sì alla fusione da parte dell’Antitrust Ue così com’è avvenuto negli Stati Uniti con la cessione totale del brand Miller alla Molson Coors, con cui aveva una joint venture. Peroni (con Nastro Azzurro) e Grolsch sono due dei quattro global brands di SabMiller: gli altri due sono Miller, già ceduta e Pilsner Urquell che resterebbe quindi l’unica punta di diamante all’interno della società acquisita da AB Inbev. SabMiller acquistò il 60% di Peroni nel 2003 pagandolo 246 milioni di euro più 165 milioni di euro circa per il restante 40% nel 2005. Grolsch fu pagata 877 milioni di euro nel 2007: la somma è 1,28 miliardi di euro circa. Il che voorebbe dire una plusvalenza potenziale che supera 1,8 miliardi di euro se non si considerano gli investimenti apportati nel tempo. Una fonte contattata da Reuters aveva calcolato in 120-150 milioni di euro il valore cumulato di ebitda delle due società prede. Se così fosse, il prezzo che, stando alle prime voci, sarebbe disposta a offrire la società giapponese, sarebbe decisamente alto ma consentirebbe loro di entrare in forze nel mercato europeo con due marchi storici e di assoluto valore.
Al momento non sono giunte conferme ufficiali da parte di Asahi, secondo produttore nipponico di birra ben conosciuto anche in Italia dov’è distribuito da molti anni.
Nel 2014, ultimi dati disponibili, Birra Peroni ha riportato un fatturato di 347 milioni di euro, sostanzialmente invariato rispetto allo scorso anno, con un margine operativo lordo (ebitda) di 39,7 milioni (48,5 milioni nel 2013) e un risultato operativo di 23 milioni (32,7 nel 2013). I dipendenti erano 719. La forza di Peroni sta soprattutto nelle attività internazionali: scorrendo l’ultimo bilancio di SabMiller si rintraccia una crescita del 30% a volume in Australia, dove Peroni “rappresenta l’8% di tutte le birre premium importate” e in Inghilterra dove le vendite a volume sono cresciute “a doppia cifra” trainando tutti gli affari della multinazionale in loco. I problemi sono in Italia, dove il mercato è piatto o cedente e anche la casa romana non fa eccezione.
Asahi holding, che fronteggia come molte società giapponesi un’economia interna che fatica a crescere, è una multinazionale importante del beverage in Asia, con l’equivalente di 10,6 miliardi di euro di fatturato nei primi nove mesi del 2015 (al cambio euro yen attuale) e una previsione di chiudere l’anno con 14,5 miliardi di euro, in crescita del 4,2% rispetto al 2014. Il risultato operativo dovrebbe attestarsi a un miliardo di euro, anch’esso in crescita. La società, guidata da Naoki Izumiya, è una public company con un azionariato diffuso che vede tra i primi azionisti solo istituzioni finanziarie, prevalentemente giapponesi. Non è una “pure beer company” ma al contrario ha vasti interessi anche nei soft drinks, nel food e nei superalcolici dove è presente nel whisky giapponese con le famose distillerie Nikka. E’ anche proprietario di una quota importante, seppur di minoranza, delle attività cinesi che producono il marchio Tsingtao, secondo in Cina per vendite dopo la Snow di SabMiller e molto conosciuto anche in Italia nel circuito della ristorazione etnica cinese.