Sapete qual è il progetto italiano di digital engagement più innovativo in ambito retail? Arriva da un discount (e già questo fa riflettere) e si chiama ‘Pizza Fantastica’. L’abbiamo presentato durante l’ultima edizione del nostro Food Match e porta la firma di Lidl, che in Italia già vanta la pagina Facebook più frequentata nel mondo della gdo, con oltre un milione di fan e, forte di questa esperienza, ha deciso di fare un ulteriore passo avanti sul percorso di relazione digitale con il proprio consumatore. Ha proposto ai fan di Facebook di scaricare un’app con la quale potevano comporre la pizza che preferivano: invertendo per la prima volta il ciclo produttivo, è stato chiesto ai clienti di immaginare il loro prodotto ideale. L’app ha messo a disposizione degli utenti 24 ingredienti che hanno portato alla creazione di oltre 10mila pizze possibili in una settimana. Poi i fan hanno votato la loro pizza preferita: 12mila votazioni per arrivare a decretare ‘vin- citrice’ la pizza con pomodoro, mozzarella, gorgonzola dop e noci. Un’operazione che ha portato oltre 40mila nuovi fan sulla pagina di Lidl, 8.700 iscritti al concorso legato all’iniziativa che metteva diversi premi in palio (dall’iPhone a buoni spesa da 50 euro).A questo punto è scattata la messa in produzione della pizza, interessante fin dalla definizione del pack, che ha valorizzato l’intera operazione mettendo in evidenza il logo di Facebook e spiegando che la pizza è stata creata dai consumatori. La referenza è stata poi promossa con un video su Facebook e comunicazioni su Instagram,Youtube, newsletter e sito web, spot in tv, cartellonistica nei punti vendita, volantini e lanciata con un evento instore. Risultato? Il primo giorno Pizza Fantastica, presente in tutte le filiali Lidl, è stata venduta in oltre 8.400 confezioni, sono stati scaricati oltre 36.100 coupon e riscossi 10.200, con una redemption del 28 per cento.
IL CASO LIDL – Oltre ad essere un unicum sul mercato italiano, questa case history consente di fare un paio di riflessioni interessanti. La prima è che osservare il percorso di Lidl sul fronte digitale significa, a mio avviso, ragionare su una buona road map per un retailer che voglia entrare seriamente nell’ecommerce. È vero che in Italia il discounter non ha ancora progetti di questo tipo all’orizzonte, ma la casa madre tedesca sta facendo importanti passi in questa direzione. Oltre ad avere già una piattaforma digitale per vendere alcuni prodotti online, recentemente ha fatto un’acquisizione strategica, rilevando la start up del grocer delivery Kochzauber dallo specialista di e-commerce MyToys.de. L’idea di Lidl è quella di implementare il servizio di ‘recipe box’ di Kochzauber, un modello che in Germania sta andando molto di moda: consiste nella consegna a domicilio di tutti gli in- gredienti necessari a realizzare una determinata ricetta. Va da sé che questa acquisizione porterà in dote a Lidl una certa esperienza nella consegna a domicilio di prodotti alimentari freschi, ma anche il prezioso know di una start up che fa ecommerce, che quindi è nata seguendo un business model digitale e ha un approccio all’online fresco, nuovo, che un retailer classico non avrebbe mai potuto avere.
IL POLITECNICO DI MILANO AI RETAILER – La ‘lezione’ tedesca si riallaccia all’ammonimento che il Politecnico di Milano ha recentemente lanciato ai distributori italiani e che abbiamo ripreso su queste pagine il mese scorso: approcciare seriamente il digitale significa cambiare alla radice il modo di concepire il proprio business, cambiare cultura e paradigmi. Acquisire una start up che ha questo cambiamento nel dna può essere una soluzione interessante e percorribile. Ma l’ecommerce non può che essere il punto di arrivo di un processo di cambiamento che va preparato. Il presidio dei social network e la capacità di trasformare la relazione digitale con il cliente in un’azione di marketing e commerciale implementata sul punto vendita (come ha fatto, appunto, Lidl Italia) va esattamente in questa direzione.
IDEE E CAPITALE UMANO FARANNO LA DIFFERENZA – La seconda riflessione, più macro, è che nell’era del digitale “il fattore produttivo essenziale sono idee nuove, prodotti nuovi o processi nuovi.A fare la differenza tra un’impresa e l’altra saranno solo idee e capitale umano”. A sostenerlo, tra gli altri, Enrico Moretti, titolare della cattedra di Economia Politica alla University of California di Berkley, nonché consigliere di Obama e della Federal Reserve Bank di San Francisco. Autore di un saggio sul lavoro considerato da Forbes il libro di economia più importante dell’anno, Moretti ritiene che l’economia del futuro sarà sempre più basata su innovazione e conoscenza e il fattore economico più prezioso non sarà il capitale fisico o qualche materia prima, ma la creatività. “La competizione sarà incen- trata sulla capacità di attrarre capitale umano e imprese innovative” scrive Moretti. Da qui il messaggio forte: acquisire una start up per assorbirne idee e capitale umano è sicuramente un buon investimento (e Lidl evidentemente l’ha capito). I casi riportati da Moretti sono eccezionali ma, mutatis mutandis, possono valere per realtà infinitamente più piccole, anche per le nostre. “Quando Facebook ha acquisito FriendFeed – racconta Moretti sul Corriere della Sera – l’ha fatto per assicurarsi dodici ingegneri tra i quali Bret Taylor, il fondatore dell’azienda. Il prezzo è stato di 47 milioni di dollari, ovvero 4 milioni di dollari per dipendente. ‘Volevamo a tutti i costi Bret’ dichiarò all’epoca Mark Zuckerberg, e aggiunse che uno che fa il suo lavoro in modo eccezionale non è solo un po’ meglio di uno bravino: è cento volte meglio”. Fatte, come dicevamo, le dovute proporzioni, è una riflessione che andrebbe fatta e cavalcata un po’ di più anche nel nostro mondo.
di Maria Cristina Alfieri