Ci è capitato, nella ormai purtroppo molto lunga carriera di pubblicitari, di imbatterci in uomini ‘di marketing’ (spesso sono donne, in realtà) che in presenza della particella non, o dei pronomi nulla o nessuno, reagiscono come vampiri in presenza dell’aglio. Una headline, un payoff, una frase negativa? Vade retro. Tutto deve essere positivo (come diceva Lance Armstrong) in pubblicità. Spesso queste aborrite negazioni non sono altro che esempi di quella antica e degnissima figura retorica che corrisponde al nome di litote e che consiste nell’esprimere in forma negativa un concetto positivo (per es: “non c’è male”, che è solo un modo educato, per dire che tutto va bene, benissimo o “da dio!”). Una forma di ironia o di understatement che non è ammessa dai nostri ineffabili marketing men (women). Iperbole sempre, metafora a volte, litote mai. Viene spontaneo domandarsi come avrebbero reagito i vampiri succitati di fronte ai due spot che abbiamo scovato questo mese, il cui tema è, in un modo o nell’altro, nientepopodimeno che la morte.
BIRRA BUDWEISER PER L’11 SETTEMBRE – L’inserzionista non è un’impresa di pompe funebri, allora si capirebbe, ma, nel primo caso, è la birra Budweiser. Nello spot andato in onda in occasione dell’anniversario dell’11 settembre, non si vede una goccia di birra, ma un carro trainato da cavalli di razza Clydesdale che partono dalla campagna, attraversano il ponte di Brooklin, arrivano su un prato in vista dei grattacieli di New York e piegano le zampe in atto di omaggio alle vittime. “Non dimenticheremo mai”, recita lo slogan finale. Molto americano, patriottico e commovente, come è tradizione di molti commercial istituzionali. E istituzionalissimi sono i cavalli da tiro Clydesdale, che esistono veramente in una stalla del 1885 di proprietà di Budweiser, a memoria di quando la birra era distribuita in barili con i carri, e che da anni attraversano in lungo e in largo molte pubblicità della storica birra. Collegare quindi il marchio a un’occasione così luttuosa non sembra essere un problema né per Budweiser, né ovviamente per l’agenzia Hill Holliday che ha ideato lo spot, andato in onda una sola volta, nella festosa occasione del Superbowl.
JOHNNIE ‘KEEPS WALKING’ – Il secondo esempio è ancora più clamoroso. Nello spot intitolato Dear Brother, per il whisky Johnnie Walker, vediamo una passeggiata di due fratelli, rossi di pelo e d’incarnato scozzese, attraverso splendidi scenari delle Highlands. Arrivano insieme a una casa diroccata: è la casa della loro infanzia, ci informa la voce fuori campo che recita versi per tutta la durata dello spot. La voce appartiene a uno dei due fratelli e dice: “Camminando lungo le strade della nostra giovinezza, nella terra della nostra infanzia…stai vicino a me, guidami…così che io possa essere libero…” e avanti con questo stile. I due entrano in casa, tentano di accendere un fuocherello, bevono un dito di whisky, poi proseguono fino al bordo di una scogliera sul mare. E con un magistrale movimento di macchina, che gira intorno ai personaggi, ecco che uno dei due scompare. L’altro apre un’urna e ne disperde le ceneri al vento. Già, il fratello è morto, è la sua voce che si sente, e dice: “Sarò sempre vivo e al tuo fianco, nella tua mente sono libero”. Il superstite prosegue la camminata, dando nuovo significato al payoff ‘Keep Walking’.
LO SPOT WALKER? UN PROGETTO INDIPENDENTE – Vi chiederete: ma come hanno fatto quelli di Johnnie Walker ad approvare un film così? Infatti, non lo hanno approvato. Lo spot, anche se magistrale sotto tutti i punti di vista, in realtà è un progetto indipendente di una coppia di talentuosi studenti di cinema Dorian Lebherz e Daniel Titz dell’Accademia di Cinematografia di Ludwigsburg, e della troupe d’eccezione che sono riusciti a mettere insieme. Quelli del whisky non ne sapevano nulla, né fino a oggi si sono fatti avanti per acquistarlo e mandarlo in onda anche in tv. È stato apprezzato però da milioni di persone su Internet. Segno che la gente, pensate un po’, vorrebbe vedere spot così.