L’industria alimentare torna in Italia, spinta dalla crescita dei consumi. Un osservatorio realizzato nel 2016 da Technical Hunters, società italiana di head hunting, ha rilevato che un’azienda italiana su tre chiude i propri stabilimenti esteri, dove il costo del lavoro era meno gravoso, per ottimizzare e implementare al massimo quelli presenti in Italia. Come conseguenza, il 40% dei dipendenti di questo settore sta rientrando in patria, dopo essere stato operativo all’estero per anni, con un trend che cresce del 10% ogni anno, negli ultimi tre anni.
SUPERARE L’OSTACOLO DEL COSTO DEL LAVORO – “Nonostante la crisi, la domanda di alimenti Made in Italy è in costante aumento, nel 2015 l’export è aumentato del 5,5%, trainato anche dal successo di Expo che ha fatto conoscere il cibo italiano nel mondo”, spiega Flavia Liguori, Manager di Technical Hunters. “Ciò lo si deve alle capacità anticicliche italiane di andare in controtendenza, ma anche ai costanti investimenti effettuati sia di processi che di prodotti che hanno reso l’Italia competitiva con buoni margini, garantendo un trend positivo. L’industria alimentare, inoltre, ha compreso che puntando su tradizione e qualità dei prodotti italiani ormai è possibile superare anche l’ostacolo del costo elevato del lavoro in patria”.
COSA ASPETTA I LAVORATORI CHE TORNANO IN PATRIA – In Italia, lo stipendio medio di un responsabile di produzione all’interno dell’industria alimentare parte in media dai 50 mila euro lordi annui per le aziende più piccole, fino ad arrivare a 70 mila euro per quelle più conosciute e grandi. La conoscenza dell’inglese è necessaria, poiché la produzione italiana vive anche un forte export ormai pilastro del settore alimentare e non solo. “I professionisti che fanno ritorno in Italia si trovano a occupare ruoli un po’ diversi”, conclude Liguori, “la posizione che andranno a ricoprire è più confinata, in quanto gli stabilimenti in Italia sono più strutturati. All’estero invece i ruoli erano più trasversali e di gestione”.