Dopo il parere tecnico dell’EFSA, alcune testate hanno lanciato messaggi allarmistici ai consumatori, accusando il palma di essere l’unico responsabile per la presenza di contaminanti negli alimenti. Questo nonostante EFSA avesse preso in considerazione i contaminanti 3-MCPD e GE che si possono formare nei processi di raffinazione di tutti gli oli vegetali e grassi animali, non solo nel palma. Dopo il parere EFSA (studio condotto su animali e destinato ad essere un mero strumento di lavoro per la Commissione Europea) alcune realtà hanno condotto loro analisi ma con metodi analitici non trasparenti su prodotti elaborati e multingrediente. Un esempio è Altroconsumo che ha analizzato un piccolissimo campione di prodotti, ma senza dare indicazioni di metodo o informazioni sul laboratorio coinvolto, e che, in base ai risultati ottenuti su campioni casuali , ha invitato i consumatori a non comprare più prodotti contenenti olio di palma! Alcune aziende hanno fatto testare in blind i propri prodotti da laboratori esterni, per verificare che non ci fossero rischi per i consumatori. I risultati di questi test sono stati decisamente diversi da quelli di Altroconsumo, con valori fino a 5 volte inferiori rispetto a quelli da loro denunciati.Va comunque ricordato che non esistono finora limiti di legge ne nazionali ne internazionali nonostante il problema dei micro contaminanti residuati da processi termici di raffinazione o di cottura degli oli e dei grassi, ma non solo, sia noto alle Autorità da moltissimi anni. Come EFSA stessa riconosce così come riconosce il dimezzamento spontaneamente realizzato dall’industria del GE ritenuto il più pericoloso.
FARE CHIAREZZA PER NON CREARE ALLARMISMO – Chi accusa il palma per l’elevata presenza di possibili contaminanti di processo dovrebbe leggere lo studio di una delle più importanti associazioni dei consumatori in Germania (Stiftung Warentest) che ha effettuato un’analisi comparativa tra diverse creme spalmabili. Ebbene, la più esposta ai 3-MCPD e GE è una crema che non contiene olio di palma, ma un altro olio sostitutivo. Lo studio non solo prova che il problema non è l’olio di palma in sé, ma dimostra che l’eventuale presenza di contaminanti derivati dal glicerolo negli alimenti dipende anche e soprattutto dall’origine e qualità dell’olio nonché dal processo di purificazione adottato, inclusi tempi e temperature (sopra 200°). Insomma, se seguissimo il consiglio di Altroconsumo, che invita a non assumere alimenti che, per varie cause di processo presentano contaminanti, allora finiremmo per eliminare dalla nostra dieta anche comuni alimenti, alcuni dei quali vanto della nostra millenaria cultura! Per farsene un’idea basta consultare il sito dell’EFSA e in particolare il video sui contaminanti di processo e quello dell AIRC. La sensazione è che alcune realtà stiano portando avanti una vera e propria ‘crociata’ comunicazionale contro l’olio di palma, creando allarmismo e confusione sul mercato.
OLIO DI PALMA, PROBLEMA MEDIATICO TUTTO ITALIANO – Tant’è vero che il problema mediatico, nato molti anni fa oltreoceano per ragioni di concorrenza internazionale, e da tempo sopito, è ormai rimasto vivace solo in Italia. Come se la salute fosse un fatto di confini. Infine due numeri: oltre l’80 % dei grassi saturi assunti dagli italiani proviene da alimenti-ingredienti diversi dal palma. Solo il 20% delle importazioni di palma è utilizzato per il settore alimentare, comparto oltretutto in prima linea sul perfezionamento del processo di sostenibilità come riconosciuto per esempio dal WWF e Greenpeace Le aziende aderenti all’Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile per sono già tutte certificate Rspo dal 2016 e prevedono di completare il processo di sostenibilità totale entro il 2020″.
di Giuseppe Allocca presidente Unione Italiana per l’Olio di Palma Sostenibile