Buone notizie nel settore del commercio. La bandiera del retail Made in Italy resta alta, a dispetto degli ultimi dati Istat che fotografano un’economia italiana al palo anche per i prossimi mesi. Tra i fattori che fanno ben sperare, la lenta ripresa dello spending del consumatore con un secondo trimestre in aumento dello 0,8%, la tenuta del franchising che ha messo a segno il +4% negli ultimi 7 anni e un consumatore sempre più informatizzato: ormai il 60% degli italiani è digital consumer.
Una delle ricette per sostenere crescita e occupazione passa proprio dal retail, che ha registrato un valore di spesa di 900 miliardi di euro e che crescerà annualmente del 2,3% fino al 2020.
Nella top 5 dei settori si aggiudica la pole il food retail con il 31,3% di crescita, seguito a distanza dal fashion (7,2%) e dall’intimo (6,35%). Sono solo alcuni dei trend emersi dalla ricerca EY Italian style, i modelli vincenti nel food fashion & design, presentata nel corso del primo Retail Summit che Confimprese ha organizzato a Cernobbio con il gruppo FOOD sugli sviluppi del retail in Italia.
FRANCHISING – «Il franchising – afferma Mario Resca, presidente Confimprese – si conferma volano per l’occupazione, soprattutto giovanile: il 26% dei franchisee ha un’età compresa tra 25 e 35 anni e il 61% tra 36 e 45. Le nostre imprese aprono 1920 negozi entro la fine del 2016 con quasi 10mila nuovi posti di lavoro in crescita rispettivamente del +18% sul 2015. Fashion e food, dove si ritaglia un posto di rilievo il franchising street food, si confermano tra i settori più vitali con rispettivamente 873 e 320 nuovi locali. Bene il Triveneto con 50 nuove aperture e la Lombardia con un aumento delle aperture del 20%. Nel 2017 le nostre stime prevedono di replicare i numeri del 2016, che sono di per sé già un risultato eccellente in un panorama di sostanziale immobilità».
QUOTE ROSA – Crescono anche le quote rosa, non solo all’interno dei punti vendita, soprattutto quelli del fashion dove prevale la presenza di addette alla vendita, ma anche nel mondo imprenditoriale. «In base al Rapporto Confimprese 2016 sulle donne i franchisor che dichiarano di avere in prevalenza affiliati donne sono passati dal 27,2 del 2008 al 33,3% del 2015».
ESTERO – Uno sguardo sull’internazionalizzazione delle aziende retail, infine, sottolinea che i prodotti italiani sono sempre più amati e cercati. «Se il Made in Italy fosse un marchio sarebbe il terzo più noto al mondo– sottolinea Resca. Esportarlo significa sostenere la forza del brand e farlo conoscere ai consumatori stranieri affamati di prodotti italiani, dal fashion al food agli accessori. Alle nostre imprese va il compito di educare e spingere il consumatore verso i marchi italiani. Nel 2016 apriremo 465 punti vendita fuori dai confini italiani, in crescita del 35% sul 2015 con oltre 1.100 (1.120) persone assunte. Tra i settori più vivaci ancora una volta proprio abbigliamento e cibo».
CUSTOMER EXPERIENCE – La ricerca EY evidenzia come alcuni settori presentino una crescita ancora contenuta e un continuo aumento in termini di costo e di forte competizione sui prezzi. Fenomeno che ha portato da un lato a ridurre la marginalità dei player di alcuni settori, dall’altro alla necessità di rivedere i propri modelli di business e la propria posizione sul mercato.
«Non mancano, però, le opportunità di crescita – avverte Donato Iacovone, partner EY Italia. Per rispondere al contesto economico italiano e al cambiamento dei pattern di acquisto, oltre l’80% dei retailer italiani si sta attivando nella creazione di una seamless customer experience, investendo in ampliamento e capillarità dei punti di contatto con i propri consumatori, tanto che nel 70% delle organizzazioni l’aumento dell’attenzione sulla customer experience sta trainando le strategie di crescita dei business. Molti hanno intrapreso la via dell’internazionalizzazione verso i mercati esteri dimostrando tassi di crescita importanti, le esportazioni delle imprese Italiane nel 2015 hanno registrato il +3,7% per un fatturato di 413 miliardi di dollari grazie all’aumento delle richieste del made in Italy e di formule vincenti quali il franchising».
I mercati più dinamici sono gli Stati Uniti con il +20,9% di domanda di prodotti italiani, la Germania con +10,6% e l’India con +10,3 per cento. Fanno leva sul franchising, che permette investimenti limitati e un accesso più veloce al mercato grazie alle conoscenza dei franchisee del territorio. Attivo prevalentemente nel nord Europa e nel nord America, il franchising italiano è in fase di espansione nei Paesi emergenti, in particolare in Asia. I punti vendita sono attualmente 8.187 (+11,3%) e le reti con almeno 3 punti vendita sono 164 (+4,5%). Quanto ai settori, prevalgono food, fashion, ottica e arredo.
E-COMMERCE – Va a gonfie vele, infine, l’e-commerce: il 50% delle aziende italiane retail ha intrapreso nell’ultimo anno azioni mirate sull’omnicanalità e per migliorare l’esperienza sul punto vendita. Le previsioni sulle vendite nel settore retail prevedono un cagr del 12,1% nel corso dei prossimi 4 anni. Resta tuttavia un problema di scarsa fedeltà alla marca: il 66% dei consumatori italiani non è fedele a un solo rivenditore e a un solo marchio, ma spazia alla ricerca degli affari migliori. Una spina nel fianco per le catene, che devono correre ai ripari per non perdere l’affluenza in negozio puntando su un’integrazione on-off line che ottimizzi i punti di contatto con il consumatore e dia il via alla strategia del total retail.