Il no alla proposta di matrimonio da 23 miliardi di dollari avanzata da Mondelez International al concorrente americano Hershey ha fatto, probabilmente, tirare un sospiro di sollievo nel quartier generale di Ferrero. L’eventuale unione tra i due colossi del cioccolato e degli snack americani avrebbe creato una concentrazione tale da rendere più difficile crescere nel mercato che l’amministratore delegato (e proprietario) Giovanni Ferrero ha definito come il più importante per il gruppo piemontese (ma con testa in Lussemburgo) in un intervista al Wall Street Journal dello scorso agosto. Non certamente se si considera il fatturato, che ha ancora il suo zoccolo duro in Europa, ma in termini strategici di sviluppo futuro, perché è proprio dal Vecchio continente che la società vuol spiccare il volo per diventare un’azienda ancor più globale.
GLI USA SONO IL MERCATO DEI DESIDERI – Per Giovanni Ferrero crescere sul mercato americano quindi è una priorità, per il suo potenziale, pur essendo conscio che la sfida sia “più difficile che su altri mercati”, come ha tenuto a sottolineare al WSJ, e che ci vorrà “un decennio per raggiungere una massa critica” nei 50 stati federati. La società è accreditata attualmente di un 2,3% di quota di mercato nel confectionary negli Usa, secondo i dati di Euromonitor International: decisamente bassa se confrontata con i due big Hershey e Mars che hanno il 60% del mercato sommando le due quote. Mondelez, che negli Usa ha una quota paragonabile a quella di Ferrero, acquisendo Hershey avrebbe raggiunto la prima posizione restringendo l’arena concorrenziale. Anche la famiglia Ferrero in passato ha respinto al mittente proposte importanti di cessione (Nestlè ad esempio, da molto tempo interessata) della grande multinazionale italiana dello snacking, che trova nei marchi Nutella e Kinder degli assoluti blockbuster internazionali. E’ successo anche dopo la morte di Michele Ferrero, scomparso nel 2015 a quattro anni dalla improvvisa morte del figlio Pietro, al quale sembrava dovesse definitivamente andare la guida della società.
NOVITA’: ANCHE FERRERO FA ACQUISIZIONI – La risposta dell’erede Giovanni, però, è stata netta e chiara: non solo le offerte sono state rinviate al mittente ma, per rendere più incisivo il messaggio che la società avrebbe voluto ‘ballare da sola’ è diventata essa stessa predatrice, rompendo una tradizione che durava praticamente dalla sua fondazione. Prima la società turca Oltan, leader internazionale nella produzione delle nocciole, ovvero la materia prima che la società piemontese considera la più strategica per sé e sulla quale non vuole avere problemi di cosiddetto ‘shortage’ , e poi l’inglese Thorntons, proprietaria di una storica catena di negozi e caffetterie tra l’Inghilterra e l’Irlanda, che permette a Ferrero di diventare anche distributore dei propri prodotti. Grazie a Thorntons il gruppo supererà nel 2016 i 10 miliardi di euro di fatturato consolidato, dopo i 9,5 miliardi del 2015, con una crescita del 13% che ha sorpreso, dato che le medie di sviluppo dei big settore sono ben più basse.
LA BELGA DELACRE POTREBBE ENTRARE PRESTO NEL GRUPPO – Nel 2015 è stata acquisita anche la piccola Eurobase international in Belgio, Paese nel quale la società ha lanciato la prossima operazione straordinaria con un’offerta per la Delacre, una società produttrice di biscotti messa in vendita dalla holding Pladis (McVities, Godiva), parte del gruppo turco Yildiz Holding. Delacre è accreditata di un fatturato di 130 milioni di euro, con due stabilimenti (salirebbero così a 24 quelli di Ferrero) in Belgio (a Lambermont) e in Francia (a Nieppe) che impiegano oltre 600 lavoratori e vendite anche negli Usa.
EUROMONITOR: LINDT E’ LA SPOSA PERFETTA – Ma se l’obiettivo reale di Ferrero è quello di raddoppiare il fatturato nel prossimo decennio, forse è necessaria una grande operazione straordinaria che la crescita organica e piccoli deal tattici non potrebbero bastare. In una simulazione del 2015, Euromonitor ha analizzato cosa potrebbe succedere se Ferrero dovesse acquisire la svizzera Lindt, forte di ricavi pari a 3,7 miliardi di euro circa. Unendo le due società si potrebbero, da un lato, conseguire efficienze sui costi in un periodo di materie prime (cioccolato, nocciole) sui massimi di sempre, e poi Ferrero diventerebbe il terzo player in Usa, dove Lindt ha lavorato molto bene ed è proprietaria anche di una rete di distribuzione di negozi. In Europa dell’Ovest Ferrero supererebbe anche il leader Mondelez, e a parte l’Europa occidentale non ci sarebbero altre sovrapposizioni importanti.