La Brexit è ben lungi da essere realtà, ma i primi effetti del referendum che ha decretato la separazione del Regno Unito dall’Unione europea iniziano ad affiorare. La Doria, attiva nelle private label, è molto esposta al mercato inglese, dov’è una realtà di prim’ordine nel settore conserviero (50% del fatturato totale) e il deprezzamento della sterlina, già iniziato prima del voto inglese e che è accelerato dopo, ha già fatto sentire le sue prime conseguenze sui numeri di bilancio. Food ha parlato di questo, e della situazione di mercato italiano delle conserve rosse, con l’amministratore delegato Antonio Ferraioli.
IL DEPREZZAMENTO DELLA STERLINA IMPATTA DURO – Il fatturato consolidato del primo semestre di La Doria è sceso dell’11,6% (rispetto a quello del 2015) a 334,6 milioni di euro, con un margine operativo lordo (ebitda) pari a 26,8 milioni (-21%). Se la sterlina non si fosse svalutata, i ricavi sarebbero stati 345,8 milioni, e quindi si sono persi una decina di milioni solo per il deprezzamento. Ma non è questo l’unico effetto riconducibile in qualche modo al referendum sulla Brexit. “Limitatamente ad alcune categorie di prodotto, lo scenario competitivo in Inghilterra è mutato – spiega Ferraioli –, perché adesso subiremo maggiormente la concorrenza dei produttori interni di zuppe pronte e baked beans, due produzioni presenti anche oltre la Manica. Per i produttori locali la valuta più debole è una maggior protezione dai prodotti importati. Noi crediamo comunque che sia una fase passeggera, perché i produttori inglesi acquistano le materie prime all’estero e la sterlina svalutata gioca in quel caso a loro sfavore. Nel breve periodo, però, per non mettere a eccessivamente a rischio i nostri volumi di vendita potremmo essere costretti ad abbassare i prezzi. Questo potrebbe pesare sulla marginalità. Nei derivati del pomodoro, che non vengono prodotti in loco, siamo invece maggiormente protetti per la mancanza di una filiera di trasformazione in loco”.
IN ITALIA E GERMANIA E’ GUERRA DEL PELATO – Le conserve rosse, che in Inghilterra avranno meno problemi, ne danno qualcuno in Italia e Germania, per una guerra di prezzo che si è scatenata su questi mercati, a detta di La Doria non giustificata dalle variabili che orientano questi prodotti: “La campagna del pomodoro 2016 – arguisce Ferraioli – vede volumi in calo rispetto all’abbondante 2015, e che si stima scenderanno sotto i 5 milioni di tonnellate trasformate. Le aziende agricole hanno diminuito le semine dopo i raccolti record dello scorso anno, che avevano prodotto un calo eccessivo dei prezzi che ha impattato su tutta la filiera. Quest’anno il minor raccolto avrebbe dovuto riequilibrare i prezzi ma, in fase di prevendita dei prodotti della nuova campagna di trasformazione, alcune aziende hanno innescato una battaglia di prezzi che non trova ragione nei maggiori costi della materia prima e nei più alti costi di produzione complessivi in cui si è incorsi al Sud Italia a causa delle avverse condizioni climatiche”. Insomma, una vera e propria ‘guerra del pelato’ senza esclusione di colpi.
COSTRETTA AD ABBASSARE LE PREVISIONI DI RICAVI – I bassi prezzi della materia prima dell’abbondante raccolto 2015, per le dinamiche deflazionistiche e concorrenziali, hanno impattato già sui risultati del primo semestre 2016, che si è chiuso con un calo di fatturato e margini reddituali rispetto ai buoni risultati del 2015. E l’andamento della nuova campagna del pomodoro non lascia presagire nulla di positivo anche per il 2017: per questo motivo la società ha rivisto al ribasso a 656 milioni di euro i ricavi previsti nel 2016 (ebitda previsto ora a 57 milioni) e a 661 milioni (ebitda 50 milioni) i ricavi del 2017. “La situazione di mercato ci ha convinto ancor di più a perseguire l’obiettivo di diminuire il peso delle conserve rosse sul totale della nostra produzione, anche mediante qualche operazione straordinaria qualora ci sia l’opportunità. Cercheremo, inoltre, di crescere su mercati quali Stati Uniti e Cina, dove non ancora esprimiamo appieno le nostre potenzialità” ha concluso Ferraioli.