Più di quattro italiani su dieci (44%) mangiano alimenti oltre il limite di tempo indicato nelle confezioni. In particolare, il 32% li consuma anche se scaduti da una settimana, l’8% da non più di un mese e il 4% anche oltre. E’ quanto è emerso dai risultati della prima indagine sui “Cambiamenti delle abitudini alimentari degli italiani”, presentati dai presidenti della Coldiretti Roberto Moncalvo e di Ixè Roberto Weber, all’apertura del Forum Internazionale dell’Agricoltura e dell’Alimentazione di Cernobbio per la Giornata mondiale dell’Alimentazione della Fao. Secondo l’indagine, nel 2016 il 33% degli italiani ha diminuito gli sprechi alimentari mentre il 31% li ha mantenuti costanti, il 25% li ha addirittura annullati mentre solo il 7% dichiara di averli aumentati. Tra chi ha tagliato gli sprechi, il 60 per cento fa la spesa in modo più oculato, altrettanti utilizzano gli avanzi nel pasto successivo, il 40% riducendo le quantità acquistate, il 48% guardando con più attenzione la data di scadenza e il 15% donando il cibo in beneficenza. Dati significativi in una situazione in cui in media ogni italiano butta nel bidone della spazzatura 76 chili di prodotti alimentari (dati 2015). Gli sprechi costano all’Italia 12,5 miliardi, che si perdono nel 54% dei casi al consumo, per il 21% nella ristorazione, per il 15% nella distribuzione commerciale, per l’8% nell’agricoltura e per il 2% nella trasformazione. Il contenimento degli sprechi è tra gli obiettivi della Fao, secondo la quale oltre un terzo del cibo nel mondo viene perso o sprecato per un totale di 1,3 miliardi di tonnellate l’anno.
SPRECO E SALUTE – Un obiettivo che non deve però andare a scapito della tutela della salute ed è importante – sostiene la Coldiretti – la conoscenza delle informazioni fornite in etichetta ed in particolare al diverso significato tra “da consumarsi entro” e “da consumarsi preferibilmente entro”. La prima dicitura indica la data entro cui il prodotto deve essere consumato ma anche il termine oltre il quale un alimento non può più essere posto in commercio. Tale data non deve essere superata, altrimenti ci si può esporre a rischi per la salute. Si applica ai prodotti preconfezionati, rapidamente deperibili come il latte fresco (7 giorni) e le uova (28 giorni). E’ indicata dal giorno, il mese ed eventualmente l’anno e vale per tutti i prodotti con una durabilità non superiore a 30 giorni. Discorso diverso per il Termine Minimo di Conservazione (TMC) riportato con la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro“ che indica la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà organolettiche e gustative, o nutrizionali specifiche in adeguate condizioni di conservazione, senza che il superamento della scadenza comporti rischi per la salute. La durata viene stabilita autonomamente dagli stessi produttori in base ad una serie di fattori che vanno dal trattamento tecnologico alla qualità delle materie prime, dal tipo di lavorazione e di conservazione all’imballaggio.
SKOOL, LA LOTTA PARTE DALLA SCUOLA – Nell’ambito della lotta allo spreco di cibo, International Food Waste Coalition celebra il suo primo anno di attività con l’estensione a nuove scuole del riuscito programma pilota sullo spreco alimentare. Si tratta dell’unione collaborativa dal produttore al consumatore che lotta contro lo spreco alimentare nel settore dei servizi di ristorazione. A un anno dalla sua creazione ad opera dei membri fondatori Ardo, McCain, PepsiCo, SCA, Sodexo, Unilever Food Solutions e WWF, continua a promuovere la collaborazione all’interno della catena di valore, attuando azioni concrete e incentrando la discussione sulla riduzione degli sprechi di cibo. La Coalizione sta attualmente lanciando il suo primo programma mirato all’azione, SKOOL, pensato per aiutare le scuole in Europa a ridurre il problema dello spreco alimentare.
La fase pilota è stata attuata all’interno di sei scuole in Francia, Italia e Regno Unito tra gennaio e luglio 2016. In sei mesi sono stati coinvolti nell’iniziativa quasi 2.800 bambini e ragazzi e 5.000 famigliari. Le scuole partecipanti hanno raggiunto nel complesso (cucina e refettori) una riduzione media dello spreco alimentare del 12%, il che significa aver evitato 2,5 tonnellate di cibo sprecato e quasi 5 tonnellate di emissioni di CO2 in meno.