Un anno fa l’Organizzazione mondiale della Sanità associava il consumo frequente di carne rossa con la possibile insorgenza di alcuni tipi di tumori. E, forse influenzati anche dalla dichiarazione dell’Oms, nei mesi successivi gli italiani hanno iniziato a comprare meno carne del solito. Il Rapporto Coop 2016, sulla base dei dati Nielsen riferiti all’intero mercato al consumo, registra un calo secco relativo a un anno di vendite: -4% di carne e insaccati. Un consumo giornaliero che sì è così spostato verso i 210 grammi a persona al giorno, cioè sui livelli della metà degli anni Ottanta.
Per capire meglio come questo fenomeno si articoli nei diversi segmenti del mercato è possibile fare riferimento ai dati di vendita della sola grande distribuzione. Stando ai dati della società di ricerca per i mercati del Largo Consumo IRI Information Resources, tra gennaio e agosto 2016 – rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente – il calo nelle vendite a volume è del 2,2% sommando le carni fresche e lavorate. Nello specifico, crollano i wurstel (-16,4%) subito seguiti dalla carne in scatola (-9,9%), dalla carne rossa (-2,8%) e dal prosciutto crudo (-2,4%). Mangiamo insomma meno carne rossa, che cerchiamo almeno in parte di sostituire con altri tipi di carni come quelle bianche (+0,5%). E tra le preparazioni fresche, le più scelte sono carni di animali da cortile e dei conigli che crescono del 3%, seguite anche dal pollame fresco (+1,1%).
DAL BOOM AL CALO – Come dimostrano gli studi fatti dal Rapporto Coop incrociando dati Fao e Istat, in realtà la tendenza è iniziata prima ancora che l’Oms si pronunciasse. Il boom di consumi di carni rosse risale agli anni ’70 e ’80 ed è proseguito a ritmi incalzanti fino agli anni Duemila con un consumo di circa 250 grammi pro capite al giorno. Poi però, dal decennio in corso, è iniziato il calo: tra il 2010 e il 2016, le vendite a volume scendono di oltre il 13%. La riduzione dei consumi di carne dell’ultimo annova di pari passo con l’aumento degli acquisti di legumi. Le vendite nella grande distribuzione di legumi freschi, conservati e secchi aumentano dell’1,5%. E proprio i legumi rientrano nei proteici vegetali che in totale crescono dell’1,2%. Sempre in cerca di proteine, aumenta anche il consumo delle uova (+0,9%) e crescono i formaggi e latticini che registrano un +0,4%. Un aumento che comunque non compensa il calo nel lungo periodo di cui si parla nel Rapporto Coop 2016. Se tra il 2000 e il 2009 consumavamo 353 grammi al giorno a testa, tra il 2010 e il 2016 si è passati a 338 grammi.
In sostanza, pur di evitare la carne nel carrello degli italiani crescono i succedanei di ogni tipo sia della carne che dei formaggi. Stando ai dati Iri, i salumi vegetali hanno registrato nell’ultimo anno una crescita del 180% (migliore performance del settore), coprendo oggi lo 0,4% delle vendite a volume. Aumentano anche gli acquisti di sostitutivi vegetali del formaggio, che salgono del 3,8% coprendo una quota del mercato del 3%.