Un punto di osservazione unico sul mondo della Gdo, che parte da un’analisi dettagliata e in tempo reale di quanto avviene nelle reti di vendita per costruire un quadro d’insieme a livello nazionale e non solo. Retail Monitor è l’iniziativa nata dalla partnership tra Doxa, prima società indipendente di ricerca e analisi di mercato in Italia, e il magazine Food. Un appuntamento fisso anche per i lettori di Foodweb.it che prende il via con una ricerca effettuata in Italia e in altri nove Paesi europei su un aspetto fondamentale nel vissuto del consumatore, capace di incidere in maniera sostanziale sull’immagine dell’insegna: il livello di pulizia percepito nel punto vendita. Le rilevazioni – effettuate in oltre 1.000 super e iper europei di più di 30 insegne – si sono focalizzate sugli spazi più ‘a rischio’ sotto il profilo della pulizia, cioè l’ingresso del negozio, il reparto frutta e verdura e quello del dairy fresco confezionato. Dai dati raccolti ed elaborati in esclusiva per Food dai ricercatori Doxa, emerge un quadro molto positivo della Gdo italiana, con qualche sorpresa rispetto alla freschezza percepita dell’offerta proposta a scaffale.
Le regole del gioco
Prima di entrare nel dettaglio della ricerca è però utile chiarire la metodologia adottata da Doxa, applicabile a un ventaglio molto ampio di situazioni in cui è necessario monitorare – in tempi brevissimi – cosa accade nei punti vendita. “Le rilevazioni crowdsourcing sono uno strumento moderno, affidabile e a prezzi ragionevoli – sintetizza Paola Caniglia, Retail & Crowdsourcing Director di Doxa – adatto sia ai distributori che ai produttori. Doxa ha creato una community di oltre 10mila persone, ampiamente rappresentativa della popolazione italiana a livello anagrafico, di reddito e grado di istruzione. L’unico requisito per farne parte è possedere uno smartphone, sul quale scaricare l’app Roamler, sviluppata in Olanda e utilizzata in esclusiva da Doxa in Italia. Grazie alla georeferenziazione, il crowd, cioè il membro della community, riceve una notifica quando è nei pressi di un punto vendita nel quale va fatta una rilevazione. Una volta accettato l’incarico, si ha mezz’ora di tempo per portarlo a termine, altrimenti quel punto vendita torna ad essere proposto ad altri appartenenti alla community. La rilevazione va fatta scattando con lo smartphone delle immagini, che comprovano quanto affermato dal crowd, perché riportano data, ora e luogo in cui sono state realizzate. Lo strumento è molto flessibile e consente di proporre anche questionari o richiedere al crowd di esprimere un proprio giudizio. Le foto sono ovviamente a disposizione del committente, che può quindi avere una rassegna completa e documentata”.
Pagati per informare
A garantire la qualità dei risultati sono da un lato l’attività di formazione fatta da Doxa sulla community e dall’altra il processo di validazione di ogni passaggio della ricerca. “Quando dico che questo è uno strumento moderno, non mi riferisco solo alla sua componente tecnologica – chiarisce Caniglia – ma anche al fatto di essere pienamente in linea con i trend della contemporaneità. La condivisione di pensieri ed emozioni unisce le persone e ne fa appunto una comunità, mentre la componente di gioco ci dà modo di formarle attraverso dieci test, per esempio su cosa è una Sku e come scattare la foto, che vanno effettuati da ciascun membro prima di poter accedere ai compiti per i quali è previsto un compenso in denaro. La cifra è rapportata alla tipologia di rilevazione e anche alla necessità del committente di selezionare un particolare profilo di crowd. La remunerazione incentiva la partecipazione, ma la vera molla del crowdsourcing è il desiderio di essere coinvolti, informati, così come piace molto il fatto di avere l’opportunità di osservare le cose con uno sguardo diverso, cogliendo dettagli nuovi. L’affidabilità è garantita da procedure di controllo affidate a persone e non a un computer: appena il crowd completa l’incarico, il suo lavoro è esaminato da un nostro team che può anche rifiutarlo, se lo giudica errato o incompleto”.
Tutti sotto controllo
Altro punto di forza del modello crowdsourcing è la rapidità: “La rilevazione può essere effettuata contestualmente su tutto il territorio italiano – sottolinea Caniglia – e i risultati arrivano in tempo reale. Nel giro di poche ore si può verificare l’effettiva retail execution di un’iniziativa promozionale, per esempio, o il posizionamento di prezzo di una referenza in insegne e reti di vendita differenti, grazie alla ricchissima anagrafica di Doxa che comprende Gdo, Gds, Horeca e anche il canale farmacia. Inoltre l’analisi può essere estesa, sempre in tempi molto contenuti, ad altri 12 Paesi europei dove operano società di ricerche di mercato partner di Doxa che adottano la tecnologia Roamler”.
Prima di tutto, la pulizia
E proprio su scala europea è stata realizzata la ricerca sul livello di pulizia percepito nei supermercati e ipermercati europei: oltre 1.000 punti vendita di più di 30 insegne visitati nell’arco di una settimana (dal 19 al 25 gennaio 2017), focalizzando l’attenzione sull’ingresso – il biglietto da visita con cui il negozio si presenta al cliente – e poi il reparto ortofrutta e quello del fresco confezionato, cioè due aree molto trafficate e che per le merceologie trattate si prestano a inconvenienti legati all’ordine e alla pulizia dell’ambiente.
Prima prova: superata
I risultati? Cominciamo col dire che tutti i Paesi coinvolti – Belgio, Francia, Germania, Gran Bretagna, Italia, Olanda, Polonia, Spagna, Svezia, Turchia – ottengono voti marcatamente positivi. E l’Italia, con l’8,1 di voto medio, è pienamente in linea con la media europea e conquista il terzo gradino del podio. La palma degli iper e super percepiti come più puliti va infatti alla Germania, che arriva a 8,6 di voto medio, seguita da Francia e Spagna con 8,5. Terza l’Italia con 8,1 come già anticipato, mentre tocca all’Olanda chiudere la classifica con 7,4 sempre di voto medio. Ridotte le differenze tra i tre spazi presi in esame: a livello europeo l’ingresso si aggiudica un voto medio pari a 8, il reparto dairy fa meglio toccando quota 8,2 a fronte di quello ortofrutta che si ferma a 7,9.
Bene, ma non benissimo
Che cosa non va nei super e iper europei? Nel 30% dei casi è stata riscontrata la presenza di polvere all’ingresso, mentre nel 21% delle rilevazioni sono stati segnalati vetri dei frigoriferi e ripiani sporchi nel dairy. Ma il vero tallone d’Achille è il reparto frutta e verdura, con cibo e altri rifiuti sui pavimenti di ben il 47% dei punti vendita. Il dato non sorprende, alla luce della ben nota difficoltà di gestione di questi prodotti freschissimi, caratterizzati dalla presenza di fogliame e scarti.
I campioni del pulito
Focalizzando l’attenzione sull’Italia, delle sette insegne prese in esame – Carrefour, Conad, Coop, Esselunga, Pam, Simpy, Unes, con 15 punti vendita visitati per ciascuna – a rivelarsi campioni di pulizia all’ingresso dei rispettivi punti vendita sono Esselunga (9,4 di voto medio), Coop (9) e Conad (8,8), tutte e tre attestate sopra il voto medio, già di per sé alto, registrato dal totale campione che è pari a 8,5. La stessa terna di insegne conquista la vetta in fatto di pulizia percepita del reparto frutta e verdura, ma con un ordine di classifica diverso: il primo posto va a Coop, con 8,6 di voto medio a fronte del 7,7 ottenuto dal totale campione. Medaglia d’argento a Conad (8,1), mentre Esselunga stavolta deve ‘accontentarsi’ della piazza d’onore (7,8).
Un reparto difficile da gestire
Sempre in tema di frutta e verdura, i dati a fonte Doxa – Roamler offrono però un ulteriore spaccato molto interessante. Alle persone impegnate nella rilevazione è stato chiesto di verificare – e documentare fotograficamente – la presenza di frutta o verdura danneggiate. Il dato complessivo è positivo per le insegne italiane, sicuramente più sensibili al problema rispetto ad altri retailer europei: il nostro consumatore è molto attento alla qualità dell’ortofrutta, ha a disposizione canali di approvvigionamento alternativi alla Gdo e formula il suo giudizio sul punto vendita guardando proprio all’offerta di freschi e freschissimi.
C’è però qualche sorpresa. Iniziamo dall’ottimo risultato di Carrefour, Coop e Simply: in nessuno dei punti vendita visitati di queste tre insegne è stata segnalata la presenza di frutta o verdura danneggiate. Leggermente meno positivo il dato relativo a Conad, Pam e Unes, con un 7% di casi in cui l’inconveniente è stato riscontrato. Fuori media appare invece Esselunga, con ben il 20% di rilevazioni in cui sono stati trovate frutta e verdura danneggiate. Ripetiamo: il reparto è complesso da gestire e, a dirla tutta, la Gdo nel suo insieme non pare avere sempre un’offerta di qualità paragonabile a quella di altri canali, però la percentuale sorprende perché Esselunga da questa stessa ricerca emerge come un’insegna che registra un elevato livello di pulizia percepita. Merito probabilmente nell’ortofrutta di un reparto costruito in maniera razionale, con una scansione delle merceologie soprattutto sul perimetro del percorso obbligato, con poche isole e un’esposizione che privilegia la funzionalità rispetto alla spettacolarizzazione dell’offerta. Sulla manutenzione dello scaffale però evidentemente c’è qualcosa da migliorare.
C’è sempre chi fa peggio
A riportare il problema nelle giuste dimensioni è comunque il confronto con l’estero: basti dire che in Polonia e in Svezia sono state trovate frutta o verdura danneggiate tre volte più spesso rispetto agli altri Paesi Ue. La minore attenzione – e anche competenza – del cliente finale si riflette sugli scaffali dei retailer, meno stimolati a migliorarsi nella freschezza dell’offerta. Anche Olanda e Gran Bretagna si mettono in mostra in negativo, ma nell’ambito del dairy: nei loro punti vendita è capitato cinque volte più spesso rispetto agli altri Paesi Ue di trovare confezioni di prodotti caseari aperte o danneggiate o il contenuto andato a male.
In Italia c’è più cura dei dettagli
Tornando all’Italia, Esselunga primeggia nell’analisi del livello di pulizia percepito nel reparto dairy, con 9,3 di voto medio (il campione nel suo insieme arriva a 8,3) seguita da Conad (8,8) e Coop (8,5). E non è certo irrilevante che queste tre insegne si siano avvicendate nelle posizioni di vertice, ottenendo risultati nettamente superiori alla media italiana e quasi sempre anche a quella europea. Una conferma che nulla – nemmeno la pulizia dei pavimenti – nasce dall’improvvisazione quando si parla di grandi catene retail distribuite sul territorio, con le conseguenti difficoltà di omogeneità nelle attività svolte quotidianamente e nel loro controllo. Alla base di qualsiasi performance positiva agli occhi del consumatore c’è sempre un’attenzione e una cura dei dettagli che fa la differenza. Dall’altro canto la coerenza dei risultati nel loro insieme dimostra l’affidabilità delle rilevazioni crowdsourcing condotte da Doxa e l’utilità del Retail Monitor realizzato in collaborazione con Food. Uno strumento in più offerto ai nostri lettori per conoscere meglio la Gdo italiana ed estera.